sabato 30 ottobre 2021

URBINO, LA CITTA' IDEALE di Rita Guidi

 



Quel profilo inconfondibile. Di una bellezza inconsueta. Di una eleganza precisa.

 Il Palazzo Ducale di Urbino è fatto così.  Ritratto di pietra di quel Federico da Montefeltro altrettanto celebre nella potenza e nel volto.

 Giovane signore della città (ha ventidue anni quando, nel 1444, ne ottiene il pieno potere), Federico ha infatti da subito la tempra e la saggezza di un vero uomo del Rinascimento.  E proprio per questo, per donare un volto alla propria età e alle proprie idee, vuole reinventarsi una  dimora, farne un emblema, uno specchio, un suo luogo.

 Il progetto? Inizia praticamente da subito, con Maso di Bartolomeo. Ma a tradurre i voleri del Duca, a dar vita ai suoi sogni, che sono tanti, e dunque a fare “una città in forma di Palazzo”, sarà l’architetto dalmata Luciano Laurana, conosciuto nel 1465 e insignito nemmeno tre anni dopo del titolo di “ingegnero et Capo di tutti li maestri”. E dopo di lui Francesco di Giorgio Martini, i tocchi più lievi per un’opera quasi ultimata.

 Aderente ai movimenti naturali del colle, cucito in perfetta continuità con il circostante tessuto urbano, ecco che allora il Palazzo racconta una storia di potere senza superbia, di cultura senza confini, di bellezza senza riserve. Solido eppure snello, non chiuso in difesa ma aperto al confronto, la dimora è semmai cenacolo e non più castello. Modello di (una) civiltà mai più raggiunto, nemmeno nel coevo Cinquecento.

 Di qua la scioltezza di una facciata, la sua eleganza informale, di là l’ammiccamento più celebre e inconfondibile dei Torricini, con i quali anche solo l’ingresso è il profilo ideale di un tempo, simbolica e piena indicazione di un microcosmo pulsante. Dissapore medievale, ricetta appena pagana.

 E dentro? Datevi almeno tre ore per scoprire come il Duca viveva lì. Quale cornice di raffinatezza abbia saputo offrire ai suoi ospiti fin dal loggiato aperto del Cortile d’Onore. E poi nelle sale più sopra, al piano nobile, dove erano anche gli appartamenti della  famiglia. Sale ancora segnate dagli stemmi, dai fregi dorati, dai camini (quasi assenti naturalmente i mobili), dove si svolgevano le cerimonie, i ricevimenti, i banchetti, i balli… 

Rumori di vita che non erano quasi mai frastuono. Ma dai quali, spesso, il Duca si ritirava a gustare il suo silenzio tra le stanze più segrete del palazzo. O ancor più nel suo celebre "Studiolo": alle pareti libri, strumenti musicali, macchine astronomiche fissate con effetto trompe l’oeil negli intarsi del legno, e poi ritratti di famosi poeti, filosofi e matematici, la saggezza assordata si può udire di nuovo. 

Sorpresa di bellezza che non è certo l’unica in questa immensa dimora che dopo gli ultimi restauri si può (e si deve) visitare tutta. Il nostro consiglio è infatti di non dimenticare nemmeno i sotterranei, le cucine o le stalle, che pure hanno (sobrie) parole per uno straordinario racconto. Perché sono quasi una sorpresa tecnologica, gli impianti del palazzo (le cisterne, la neviera, i bagni con acqua calda e fredda, le lavanderie, i magazzini) che rendevano la vita già diversa.  Se non ideale, vicina al profilo di un Duca che del Rinascimento è stato un autentico re.

 

LA GALLERIA NAZIONALE

  Quel profilo inconfondibile. Ideale come quel brano di città che rappresenta, e che ci appare anche oggi così straordinariamente moderno. E’ “La città ideale” (1480?), appunto, attribuita a Luciano Laurana, e che proprio qui, in quella Galleria Nazionale delle Marche che ha sede a Palazzo Ducale, potete da vicino ammirare. Capolavoro tutt’altro che unico tra i tanti che fanno di questa permanente una delle realtà più preziose d’Italia. Istituita nel 1912, la Galleria è un invito all’arte che attraversa i momenti più suggestivi del Palazzo: lo "Studiolo del Duca", la "Cappellina del Perdono" , il Tempietto delle Muse"…

 Piero abita qui, con Raffaello, Paolo Uccello e il nostro Laurana. 

Ed è giusto arrivare da lontano per venire a trovare il quattrocentesco miracolo de "La      profanazione dell'Ostia" di Paolo Uccello, "La     Flagellazione" e la "Madonna di Senigallia" di Piero della     Francesca (1415/20-1492), o la cosiddetta “Muta” di     Raffaello. Quel “Ritratto di gentildonna” che offre di nuovo bellezza ideale. Come la Città. Come questo Palazzo.                                                                                                                                                             

                                                                                                          Rita Guidi 

 


 

Nessun commento:

Posta un commento