domenica 30 maggio 2021

UNA CITTA'...IN CIRCOLO - VIAGGIO NELLE ASSOCIAZIONI DI PARMA di Stefania Zanardi

 

 

 

La nostra città, certi scorci spesso ripresi, immortalati da professionisti della fotografia, da cineasti rinomati in tutto il mondo o, ancor meglio, tradotti in versi poetici, o romanzi trovano spazio tra passato, presente e futuro.

Tra le varie “belle abitudini e tradizioni”, si conserva ancora (pur tra mille difficoltà visti i tempi non eccessivamente rosei) quella di ritrovarsi in circoli privati, punti di incontro, di convivio, che spaziano dall’attività sportiva a quella culturale, dal verde tavolo da gioco, al caffè, tè o aperitivo tra chiacchiere e confidenze: la Parmigianità.

Ma cosa rappresentano questi circoli, quando e come nascono ?

Per rispetto all’età (!), apriamo le danze con “ Il circolo Pro-Parma”, che emette il suo primo vagito addirittura nel 1948, proprio come la la nascita della Repubblica Italiana- e dici poco !- all’inizio solo come associazione, scegliendo come location un Bar, che si occupa di attività sportiva ( in particolare calcio).

Sembra un gioco, una cosa da poco ma ben presto i soci aumentano, la sede cambia di ubicazione, l’associazione intraprende diverse attività creando, per i propri associati, momenti di cultura e divertimento. Pioniere di questa realtà è Luciano Gonzi (non più tra noi) che dona un afflato completamente diverso  all’Associazione e che manterrà la carica di Presidente fino al 1994.

Il 1975 è l’anno della svolta; le iniziative aumentano, i soci pure, serve spazio, ma molto ed è così che, con grande lungimiranza, viene costituita l’Immobiliare Pro Parma S.P.a. grazie all’acquisto di un appezzamento di terreno con Casa Colonica, ubicazione Moletolo. I lavori di costruzione e ristrutturazione trasformeranno il podere in Circolo Sportivo con Club house, piscine, campi da tennis, da bocce come pure una pista sintetica polivalente per basket e Volleyball; una sede prestigiosa, non lontano dal centro.

Ma le attività ricreative non si fermano certo qui, la cultura entra a pie’  pari, e con essa  i concerti, le commedie dialettali, giochi delle carte, concorsi di pittura e fotografia.

Sulla scia dell’entusiasmo, nel 1979, vede la luce il “Premio al Parmigiano Illustre”, un riconoscimento ad un concittadino che, grazie alla sua opera, al suo impegno ha onorato Parma e la sua Parmigianità (di cui il concittadino Bevilacqua  tanto ha scritto). Alcuni nomi ? L’attore Lino Ventura, il giornalista Giorgio Torelli, lo scienziato Giorgio Brianti e il cardiochirurgo Ottavio Alfieri.

Ma Parma, come tutto il mondo sa, è sede pure della Lirica , quella con la L maiuscola ( i loggioni del teatro Regio, agognati e temuti dai grandi del canto) non poteva quindi mancare un Premio ad essa dedicato: è nel 1983 che la Sezione Lirica del ProParma istituisce il Premio Violetta, omaggiando artisti  che hanno saputo offrire esaltanti emozioni grazie al linguaggio della musica. Il titolo è tutto Parmigiano ; “Premio Violetta”, sia in onore della protagonista della Traviata – dono del nostro emerito concittadino Giuseppe Verdi- che della Duchessa Maria Luigia , fiore da lei preferito da cui nacque pure il Profumo “Violetta di Parma” .

Così, sulla scia del profumo, proseguiamo il nostro breve viaggio per raggiungere un altro Circolo, edificato in tutt’altra zona, ombreggiata dal verdeggiare di piante, siepi, giardini di ville che costeggiano la tortuosa  Strada dei Folli,  quanto basta per farci sentire “fuori” dalle mura cittadine, ma neppure tanto lontani.

1966: un gruppo di amici (rigorosamente parmigiani) ha una brillante idea e  decide di disporre di uno spazio verde, nei pressi della città ; un circolo sportivo dove trascorrere il tempo libero, immersi nella quiete di un parco all’inglese, battezzato come Tennis Club Parma, ma a tutti noto come “ Circolo di Mariano”. Una gradevole ed elegante Club house, strutture sportive e ricettive tese a rafforzare e rinvigorire una solida amicizia di amicizia e continuità. Luogo tranquillo, silenzioso, “ aristocratico”, non solo paradiso dei tennisti ma pure dei calciatori, dei nuotatori e dei più sedentari…. giocatori di Bridge e Burraco ! Ritornando a ritroso nel tempo, varie testimonianze raccontano di origini romane della zona limitrofa, quali le fondamenta di una villa recentemente scoperte, mentre l’attuale via Casalinga connette via Traversetolo alla Chiesa di Mariano (dal Latino “luogo di Mario”).

I soci, che sono aumentati in modo esponenziale negli anni, possono godere di 4 campi da tennis, ristorante, taverna, sala da biliardo, un’elegante piscina e di un’intensa attività sociale ; resta comunque l’impronta del Tennis, l’aspetto più forte e radicato, caratteristica che  porta alla nascita  (nel 1997) del Primo Torneo Internazionale “Copa del Sol”  che vede la partecipazione di giocatori delle migliori squadre europee appartenenti alle Federazioni di Bosnia-Erzegovin, Gran Bretagna, Russia, Turchia, Ungheria e Italia.

Più recentemente, da segnalare il Torneo Internazionale Future che si ripete ogni anno tra fine maggio ed inizio giugno.

Pochi passi, o poche pedalate e raggiungiamo un altro luogo simbolo dei circoli parmigiani; attraversata strada Traversetolo, proseguendo per Strada dei Folli , qualche centinaio di metri dopo, si giunge al Circolo del Castellazzo.

Anche in questo caso fu un gruppo di amici parmigiani che, nel 1972, pensando a quanto il tempo libero fosse troppo importante e prezioso decisero di creare un idoneo contenitore. L’idea di trascorrere parte della giornata tra piscine, verde, campi da tennis, equitazione in una privacy (seppure condivisa con altri) fu talmente di successo che all’inizio furono ben 600 le azioni collocate.

Il luogo era più che idoneo, una sterminata distesa di campi di Marore, un podere con Casa Colonica trasformata in circolo, operazione focalizzata sul recupero dell’esistente, sul massimo rispetto della natura dove gli impianti sportivi  non dovevano in alcun modo inficiare le origini del posto.

Progetto riuscito a pennello ; il circolo ha avuto l’onore di più di una citazione  diventando uno dei circoli più ammirati d’Italia.

Ma sono le origini del terreno dove il circolo nasce che fanno la differenza. L’area ha radici antichissime; da fonti storiche pare che 12.000 anni fa, vi scorresse il torrente Parma, poi l’intervento dei coloni Romani nel 183 che iniziarono a bonificare i terreni. Già a quei tempi vi si ergeva una “domus” signorile, ubicata in questi spazi (dipendenti dal Castelletto)  dove sorse in seguito una bastia di difesa per la città, ma è solo nel 1657 che ebbe inizio la costruzione del Castellazzo ubicata sui terreni dei Conti Dall’Asta.

La costruzione, tra ‘800 e ‘900 fu oggetto di numerosi passaggi di proprietà, anche in ambiente religioso in quanto , nel 1907 alcune parti dei terreni furono destinate ad uso benefico alla Parrocchia di Santo Stefano e, molto probabilmente anche a sede conventuale.

Ma nel 1970, si apre un nuovo capitolo: pure in questo caso, un gruppo di Parmigiani, costituisce la Società “Circolo del Castellazzo”, nel rispetto della natura, del verde, degli spazi aperti ai quali le nuove strutture (piscine, campi da tennis, equitazione  …) nulla toglieranno all’immenso parco bello e rigoglioso, con macchie fiorite e boschetti.

Lasciamo il Castellazzo per dirigerci verso località Baccanelli e Vigheffio (zona diametralmente opposta) per godere di un altro spazio verde, accogliente, organizzato e multifunzionale: eccoci al Tennis Club Sporting.

E’ il 1972 quando, come ormai da rituale, un ristretto gruppo di amici diventano i promotori della nascita di questo Circolo Privato, pure esso con una lunga tradizione tennistica alle spalle e conosciuto negli ambienti nazionali.

Durante gli anni lo Sporting club ha ospitato eventi agonistici, quali i Campionati Nazionali di tennis under 18,16 e 14.

Una Club house di 1500 metri, bar- ristorante, spazio bimbi nonché sala da feste per teen agers, biliardo, taverna ed una mansarda dove i giocatori più accaniti si sfidano a bridge e burraco. Il circolo fu il primo a edificare una piscina al chiuso (oltre quella già esistente all’aperto), un asso nella manica che ha dato i suoi frutti. Tornando di qualche decennio indietro nel tempo, come dimenticare il “Caimano” di Parma, bagnino ed emerito nuotatore che salvò vite nel letto del torrente Parma! Uomo verace,  spiccio e diretto che difficilmente – chi l’ha conosciuto- può dimenticare.

Ma cosa rappresenta per i soci questo luogo? Molto più di un semplice club, lo stare insieme, punto di riferimento per famiglie, figli e, tra una nuotata e l’altra, una pallina da match point, la chance di trascorrere un buon tempo.

Ancora un cambio di direzione.

Chi lascia Parma dirigendosi verso sud, in zona collinare, dopo circa 10 kilometri, si imbatte in un’autentica oasi di verde; il Tennis Club President. E’ l’anno 1974 quando l’ennesimo gruppo di amici, desiderosi di incontrarsi, al di fuori della caotica vita cittadina, fonda questo circolo.

 50 mila metri quadrati di verde, accoglienti, strutturati in maniera da favorire un un impiego del tempo libero, nel rispetto della natura.

Non tutto puntato sull’agonismo, chi desidera praticare sport per diletto,  in modo amatoriale, per tenere una giusta forma fisica, trova qui lo spazio ideale: moderne strutture, numero contenuto di soci rappresentano il “must”  per piacevoli e duraturi rapporti di amicizia, semplicità e rispetto.

Il ripristino della piscina ha dato un “ che” di salottiero al luogo,tuttavia lontano da snobismi o atteggiamenti altezzosi; l’impressione che ne esce è di trovarsi in una propria casa di campagna, la cui ampia  Clubhouse spaziosa ma discreta garantisce una discreta intimità.

Pure qui, le strutture sportive non mancano; campi da tennis, calcio, un campo polivalente, piscina per adulti e per piccini, palestra e salette allestite per il gioco delle carte e, dulcis in fundo, un maxischermo per assaporare in diretta ogni tipo di manifestazione.

 

 

giovedì 20 maggio 2021

INVITO A CASA BERTOLUCCI - CASAROLA, I FALCHI E L'APPENNINO di Rita Guidi

 

  Un bosco è un bosco. E invece no: ricordi e anima ne fanno altro, luogo e stagione diversa ad ogni istante. C’è un solo verde, adesso, sull’Appennino parmigiano; e non ve saranno altri (non così). Diverso dal bosco, seppure lo stesso, immortalato dai tanti ciak de “La tragedia di un uomo ridicolo” nel 1981, a Casarola, da Bernardo Bertolucci.

 Bernardo, e non Attilio, che ha rivoluto l’ombra dei suoi castagni di ragazzo, fotografata dalle luci di Carlo Di Palma. Bernardo eppure Attilio: perché Casarola è sua.

 “Qui all’occhio chinato erica e cardi / e all’occhio levato i falchi e il sole./ Tu non potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio…” 

E’ vero. In questo stralcio poetico dal “Viaggio d’inverno” dello scomparso poeta, si condensa la sensazione mille volte provata di insopportabile intensità, che avvolge i viaggiatori dell’Appennino. Sensazione non troppo rara e spesso solitaria, più frequente inseguendo proprio questo suo paese che ha come ingresso il “groppo sovrano”.

 Dopo l’agglomerato “urbano” di Corniglio, dopo la piccola Sivizzo, dopo la presuntuosa Grammatica, la strada ha infatti un breve timore sotto l’imponenza di un dirupo. Groppo sovrano, appunto, affascinante e spaventevole di massi in bilico e colori violenti: muschi, gracidii e sassi, dove dimorano le aquile. E’ proprio il loro, e di falchi e di poiane, il volo largo e tranquillo che è lassù, “all’occhio levato”. Poco oltre, il paese, Casarola. Case e stalle, il monte Aguzzo e il monte Orsaro, un verde umile e dimesso (ma che per questo intimidisce), i boschi e la poesia.

 La casa di Attilio è quasi alla sommità: vetrate, pietre, scalette, per scendere tra le stanze, protette da un prato che è quasi all’altezza dei tetti. Era già casa sua quando ancora non vi giungeva la strada asfaltata: la prima auto si ricorda qui solo nel 1957. Un ritardo, chissà, forse anche per le non eccessive smancerie con la vicina Grammatica (presuntuosa Grammatica…). Dal 30 marzo 1530, il paese (che ora ha un imponente santuario) “festeggiò” infatti lo smembramento dalla parrocchia di Casarola. La felicità degli abitanti si tradusse in una simpatica leggenda per cui furono loro stessi a costruirsi la chiesa (consacrata nel 1564), portando ognuno un sasso nella parte più alta del paese, tornando la sera dal lavoro. Ma anche la chiesa di Casarola ricorda, nel bel riassetto del loggiato, quel secolo. Una chiesetta che è più giù, lungo la strada che si addentra nella parte bassa del paese, “all’occhio chinato” come l’erica e i cardi. E attorno gli stessi, diversi boschi, con la loro tragica ombra di verità della finzione cinematografica di Bernardo; e con l’assoluta verità dei versi belli e finti di Attilio.

 Ma di solito si abita più giù…

 “…Tu non potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio. Pòrtati / più giù presso i frutteti selvatici, i rossi sorbi / e la gente che lavora a distanza di valli sotto / il cielo che si annuvola, lana follata, il sole / al suo tramonto gravante di rose caduche / la coperta approntata / per la notte.”

 

                                  Rita Guidi

 

 Casarola dista circa 70 Km da Parma, e si raggiunge procedendo da Langhirano verso Corniglio e da qui verso Sivizzo e Grammatica.  Situata nel territori tra Corniglio e Monchio, il piccolo paese si adagia in una zona appenninica tra le piu' visitate da escursionisti e amanti della montagna, anche perché qui i monti raggiungono le altezze maggiori. E' infatti questo il famoso crinale dei laghi, dagli aspetti decisamente alpestri ; solo verso Ovest i profili generalmente si addolciscono con l’aumentare della copertura boschiva.

mercoledì 19 maggio 2021

LA CURA - FRANCO BATTIATO

    


Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

giovedì 13 maggio 2021

ROBI BONARDI NELLE PAROLE DI CHI LO HA AMATO - INTERVISTA A CECILIA di Stefania Zanardi

 



 Quanto mi accingo a scrivere è difficilmente definibile, inquadrabile, non scorre su binari già predisposti, è realtà ma pure sogno, passione, gioia ma pure dolore, sofferenza e tanto di più.

Cecilia, amica di lunghissima data, ha accettato (e per questo la ringrazio) di raccontarsi, raccontarmi il tempo “terreno” (che è solo una parte di noi stessi) vissuto fianco a fianco al suo uomo, al suo grande Amore : Robi Bonardi, che  recentemente ha spiccato il volo verso altri “nidi”, dove -certamente- avrà già trovato tante anime belle a cui rivolgere il suo “Ciao nani’”….

Da dove cominciare? Semplicemente da tutto quello che Cecilia ama raccontare, a ruota libera e che la faccia sentire bene; dai primi incontri, alle scelte importanti, gli eventi , le situazione che li hanno uniti o divisi (ma solo  fisicamente). In breve: cosa è stato vivere con Robi .

Conobbi  Robi  durante un Festival del Cinema a Salsomaggiore- tanti anni fa- dove lui era interno alla giuria – inizia a raccontarmi Cecilia -

Io, giovane ragazza universitaria, poco avvezza a quel mondo (seppure incuriosita), lui persona istrionica, mi aveva – diciamo così- “adocchiata” sebbene fossi  sentimentalmente impegnata”.

Insieme ad amici, al fidanzato di allora, Cecilia trascorre allegre serate tra  proiezioni cinematografiche  e cene in compagnia dove anche lui , Robi, è presente. Giusto un assaggio di “conoscenza” perché, subito dopo, entrambi proseguono le loro vite, lei nel contesto parmigiano, lui in  direzione Roma dove l’attendevano impegni lavorativi con la RAI.

Ma, poichè le strade destinate a rincontrarsi sanno benissimo che percorso seguire, parecchio tempo dopo, Cecilia riceve una telefonata proprio da Robi. “  Una sorpresa”- mi confessa - e ancora mi chiedo come abbia fatto a recuperare il mio numero di casa (eh si parliamo di fine anni ‘ 80, ben lontani da cellulari, facebook, instagram ) : mi aveva , per così dire, corteggiata al telefono (cose d’altri tempi)”.

Ma le loro strade ancora si dividono fino a quando, un paio d’anni dopo, si ritrovano (sempre per caso?!) in una via del centro città dove, tra una battuta e un ammiccamento, Roberto riprende quell’educato corteggiamento di qualche tempo addietro. Ma non sembra ancora arrivato il loro momento: dovrà passare ancora un po’ d’acqua sotto i ponti prima che Cecilia si convinca ad iniziare una possibile storia con Robi.

Ricordo con piacere e gioia i primi anni ‘90 in Piazza Garibaldi,- prosegue Cecilia-  la musica, le compagnie, il grande fermento tipico di quegli anni, la spensieratezza e ancora una volta Robi, disc-jokey di turno (e che disc-jokey!) ciarliero, attraente, intrigante, rientrato a Parma dopo un periodo, penso, trascorso a Roma. “- Passo a passo Cecilia scopre “la persona “ Robi Bonardi, molto interessato a lei , mentre lei ancora un po’ timorosa.

Sai- mi confida- mi trovavo davanti ad un uomo di ben undici anni più grande, con  forti esperienze alle spalle che nulla avevano a che fare con me, un uomo vissuto. Senza dubbio- all’inizio- è stato Robi a provare interesse verso di me , mentre io ne sono rimasta affascinata  lentamente e, a pensarci bene,  tutto è sembrato iniziare un po’ per gioco “- mi rivela Cecilia .

Ed ecco il 1991, vede sbocciare la loro grande storia d’amore e di vita ;  30 anni vissuti insieme e dei quali Cecilia mi parla con grande coinvolgimento e passione.

Sono talmente tanti i momenti, gli aneddoti belli vissuti in coppia che non saprei a quali dare più spazio, una cosa devo però sottolinearla: penso che Robi fosse una persona di estrema intelligenza, molto più intelligente di me ! (n.d.r. amica non  sottovalutarti !!), pieno di curiosità, di sapere, con grande apertura mentale “– mi evidenzia Cecilia. - Ha sempre amato i giovani, anche ultimamente – sottolinea- li ha spronati, stimolati ma, contemporaneamente, teneva tantissimo a rispettare certe regole e principi mostrando una sorta di severità e giusta rigidità che talvolta mi sorprendevano in quanto non appartenevano al suo vissuto giovanile”.

E poi arriva Jacopo, secondogenito per Robi (diventato padre precedentemente in giovanissima età) ,primogenito per Cecilia, a coronare ancora più indissolubilmente la loro storia.

“ Il rapporto che si è creato durante il tempo tra loro due era forte, speciale, una confidenza ed un’affettività unica – mi rivela Cecilia- ma alternati ad una giusta severità e disciplina che Roberto ha voluto trasmettere.”

Ma Robi non sa restare fermo e la Rai è ancora a contattarlo per proporgli  programmi su e giù per l’Italia. Grande soddisfazione ma anche grande impegno, soprattutto per Cecilia che, per un certo periodo, deve accudire e crescere il loro bimbo senza la presenza ( fisica) del papà.

In questo contesto, lei va in fiducia; lascia libero Robi di seguire questo mondo artistico, alquanto ipercinetico, ma che è il mondo dell’uomo che ha scelto.

“ E’ stata abbastanza dura- evidenzia Cecilia- Jacopo era piccolo e con le necessità di ogni bimbo che sta crescendo. Ho deciso di non ossessionare Robi con domande, gelosie e turbamenti , anche perché, - mi rivela- nel momento in cui mi avesse mancato di rispetto, non sarei stata più al suo fianco “

Entrambi offrono all’altro e all’altra, se stessi: Cecilia come persona accudente che crea una famiglia vera (quella che Robi non ha mai avuto) colmando quei vuoti, guarendo quelle sofferenze che lo avevano da sempre accompagnato nella vita.

Robi aprendo una finestra su un mondo pieno di stimoli, di persone amiche, mostrandole quotidianamente la sua intelligenza vivace,la sua bontà, la sua immensa creatività.

“Pensa – mi racconta – che ancora riusciva a dirmi “ Ma quanto sei bella...se non avessi avuto te non sarei nulla...non avrei avuto vita… forse mi sarei lasciato vivere...”

Un Robi diverso, quello non noto alla città, che solo lei ha conosciuto , quello che, in casa, era talvolta  un po’ “orso”, burbero, che soffriva… una persona non proprio facile.

Sofferenza, e in questo caso di coppia, che si acuisce con alcuni problemi di salute (di alcuni anni orsono) che causano una forma di depressione e  la lontananza dal mondo lavorativo (musica, incontri, serate, concerti) : ancora una volta Cecilia lo “salva”, lo sprona a reagire e Robi rinasce; si rimette in gioco (cosa non facile nel suo campo ed in una città quale Parma), ma la loro complicità, la loro interazione è troppo forte per venire spezzata.

“ L’aspetto più positivo è sempre stata la fiducia reciproca, il confronto ed il sostenersi vicendevolmente – tiene a sottolineare Cecilia- e poi la sua voglia di vita, di cultura ed interessi (non solo musica ma arte, scrittura.. .), l’essere avanti anni luce nelle idee e nei progetti :

Roberto riusciva a guardarti e, in dieci minuti, a scrivere di te , ma in modo perfetto e questo era un altro dei suoi doni.”

Il nostro non è stato certo un rapporto banale, né di facciata : diciamo che lui si è fatto avvolgere da me ed io da lui” – sospira Cecilia.

Ora che la persona fisica non le è più accanto, Cecilia si nutre di questi momenti, deve imparare a riempire la sua vita, con l’aiuto di Jacopo e tutte le persone che hanno gravitato e ancora gravitano attorno a lei.

Ce la farà. Forse, questa semplice intervista, è già un primo passo.

 

 

 

 

mercoledì 5 maggio 2021

DOVE E' NATA LA MUSICA 2 - LA CASA NATALE DI ARTURO TOSCANINI di Rita Guidi

 



Il 25 marzo 1867 si chiamava borgo S.Giacomo. E’ qui, al numero 13 di quella che oggi è Via Rodolfo Tanzi che quel giorno vide la luce Arturo Toscanini. Non molto di più, a dire il vero: a due anni era già a Genova e poi di nuovo a Parma, passando da una dozzina di abitazioni dell’oltretorrente popolare. Tutte più o meno come questa: una stanza sulla strada, che diventa la  bottega del padre sarto (e garibaldino), una stanza per dormire di sopra, e le altre, come il cucinino, da dividere con altrettante famiglie. Pochi mesi e un po' di latte, eppure già una radice: quanto basta per farne un museo.

L’ingresso- bottega raccoglie testimonianze di due Paesi che sono stati una decisa scelta. C’è l’attestato di benemerenza della Philarmonic Simphony Orchestra di New York, gloriosamente diretta nel ‘33 e ‘34. E c’è l’augurio di buon compleanno dell’Orchestra della Palestina, che Toscanini aveva diretto, tra i primi, senza compenso,nel‘37-’38. Scelte. Come fare della Scala “La Scala”, in otto anni di direzione (dal ‘21 al ‘29) con circa cinquecento rappresentazioni. Le locandine gialle di quelle opere tappezzano lo stretto corridoio che si apre sul cortiletto interno.  Sull’acciottolato il busto di una figlia (Wanda). Sulle scale, soffitto di travi, ringhiere in ferro battuto e musica. Si sale con la musica, che discreta e importante sembra nata qui.

La stanza natale ha tonalità rosse: la camicia del padre garibaldino, il legno della scrivania ‘milanese’ di Toscanini, il foulard di seta di Wagner o il velluto che avvolge la sua tazza da grog. C’è un Toscanini senza frac, qui: quello delle fotografie con i genitori, degli occhialetti e degli amori. La moglie Carla e il suo corsetto da sposa. Stralci dei carteggi con Puccini, Debussy, Strauss. Ma soprattutto Verdi e Wagner, ‘pacificati’ dalla sua bacchetta. La bacchetta imperiosa e magica che diresse un “Parsifal” alla Scala: è in  una teca della piccola sala col camino. La bacchetta del mago “Artù”, come lo chiamava D’Annunzio, grande amico ed estimatore.

“Caro, caro Artù...” principia in cornice una lettera  inviatagli dal Vittoriale il 13 marzo 1927. E poi Carducci, Respighi, Einstein, per il Toscanini grande tra i grandi: quello della stanza del divano, come un piccolo sipario senza il palcoscenico. La giacca da camera e il suo poncho, il frac e la marsina alla cinese. I cappelli per cui era famoso.

Il sudore e i gesti intensi del podio illuminano dalle splendide foto di Robert Hupka le ultime scale, fino alla sala audizione, intitolata ad Aureliano Pertile.

E qui non resta che sedersi ed ascoltare.

 

                                  Rita Guidi