L’eleganza degli
stucchi, il superbo profilo delle Alpi:
se il pensiero corre inevitabilmente a
Versailles, del resto, la prima differenza è proprio lì, in quella cornice di
vette (innevate?) che nemmeno il re Sole. La Reggia di Venaria si offre agli
occhi dei visitatori in tutto il suo solenne splendore, riflesso esatto di due
secoli d’arte, tra Sei e Settecento. Voluta da Carlo Emanuele II di Savoia come
residenza di caccia (venaria, appunto…), e come gesto concreto per tentare di prendere
le distanze dall’invadenza materna (Cristina di Francia, e cioè quel peperino
della sorella di Luigi XIII…), la Venaria trasuda gli umori barocchi e le meraviglie
d’apparenza che erano nell’aria.
Il Savoia mette al lavoro Amedeo di Castellamonte e
Michelangelo Garove con un risoluto “Sorprendetemi!”, e loro lo fanno:
nell’opulenza delle sale, nel progetto all’italiana dei giardini, la cui
prospettiva si perde, appunto, fino alla Alpi. Se vi mettete al centro della
sala di Diana (affreschi e sculture sono, del resto, ovunque un richiamo alla
dèa della caccia), godetevi la prospettiva o anche solo l’idea di trovarvi al
centro esatto di quel regale universo: di qui, il disegno educato degli
urbanisti vi farà raggiungere la piazza del villaggio sorto attorno alla
reggia; di là, appunto, la tenuta, i giardini (e le Alpi). Il tempio di Diana
potete solo immaginarlo (come meta
ludica e – si dice – un po’ birichina – di
ospiti e figli della nobiltà). Brutta storia, in tempi di Libertè Egalitè
Fraternitè, ma anche dopo…: durante l’assedio di Torino i giardini saranno
destinati a piazza d’armi (idem più tardi sotto Napoleone). Ed è qui, grazie al
cielo, che il Juvarra ci mette lo zampino e la reggia si arricchisce anche
delle armonie del Settecento (sono i mattoni sulla facciata, contro il bianco
dell’intonaco ad aiutarci a fare le debite distinzioni). Restaurata e ampliata,
la Venaria diventa spettacolo scenografico in nuovi ambienti e candidi stucchi.
Ne è emblema e capolavoro la Galleria Grande. Immaginate la luce (44 vetrate e
22 ‘occhi’ sul soffitto a volta), immaginate la prospettiva (80 metri da
percorrere col naso all’indietro, di fianco e all’insù), immaginate la
sofisticata eleganza del bianco, che si fa caldo come oro, se avete la fortuna
di intercettare il più regale dei tramonti.
Ok, basta così. Basterebbe così, ma certo che no: perché
magari è il caso di fare una pausa al Caffè degli Argenti (o un pranzetto nel
ristorante che è proprio lassù, nella torre); o perché tutti da visitare sono
gli appartamenti (e gli arredi), i locali di servizio (e le suggestive
ricostruzioni firmate Peter Greenaway…).
E ancora le mostre – sempre prestigiose – che qui si
allestiscono. E allora magari è meglio dormirci su e tornare il giorno dopo, e
vi consigliamo di farlo se avete preferito il biglietto col quale potete
visitare proprio tutto…
Ora ci sono due chicche: l'universo femminile di Boldini e le magnifiche ombre di Caravaggio. Esperienze sensoriali di cui potete nutrirvi tra musica e celeberrime nature morte. Che, come la
Reggia, non potrebbero rendere più viva e bella la vostra vita.