mercoledì 5 maggio 2021

DOVE E' NATA LA MUSICA 2 - LA CASA NATALE DI ARTURO TOSCANINI di Rita Guidi

 



Il 25 marzo 1867 si chiamava borgo S.Giacomo. E’ qui, al numero 13 di quella che oggi è Via Rodolfo Tanzi che quel giorno vide la luce Arturo Toscanini. Non molto di più, a dire il vero: a due anni era già a Genova e poi di nuovo a Parma, passando da una dozzina di abitazioni dell’oltretorrente popolare. Tutte più o meno come questa: una stanza sulla strada, che diventa la  bottega del padre sarto (e garibaldino), una stanza per dormire di sopra, e le altre, come il cucinino, da dividere con altrettante famiglie. Pochi mesi e un po' di latte, eppure già una radice: quanto basta per farne un museo.

L’ingresso- bottega raccoglie testimonianze di due Paesi che sono stati una decisa scelta. C’è l’attestato di benemerenza della Philarmonic Simphony Orchestra di New York, gloriosamente diretta nel ‘33 e ‘34. E c’è l’augurio di buon compleanno dell’Orchestra della Palestina, che Toscanini aveva diretto, tra i primi, senza compenso,nel‘37-’38. Scelte. Come fare della Scala “La Scala”, in otto anni di direzione (dal ‘21 al ‘29) con circa cinquecento rappresentazioni. Le locandine gialle di quelle opere tappezzano lo stretto corridoio che si apre sul cortiletto interno.  Sull’acciottolato il busto di una figlia (Wanda). Sulle scale, soffitto di travi, ringhiere in ferro battuto e musica. Si sale con la musica, che discreta e importante sembra nata qui.

La stanza natale ha tonalità rosse: la camicia del padre garibaldino, il legno della scrivania ‘milanese’ di Toscanini, il foulard di seta di Wagner o il velluto che avvolge la sua tazza da grog. C’è un Toscanini senza frac, qui: quello delle fotografie con i genitori, degli occhialetti e degli amori. La moglie Carla e il suo corsetto da sposa. Stralci dei carteggi con Puccini, Debussy, Strauss. Ma soprattutto Verdi e Wagner, ‘pacificati’ dalla sua bacchetta. La bacchetta imperiosa e magica che diresse un “Parsifal” alla Scala: è in  una teca della piccola sala col camino. La bacchetta del mago “Artù”, come lo chiamava D’Annunzio, grande amico ed estimatore.

“Caro, caro Artù...” principia in cornice una lettera  inviatagli dal Vittoriale il 13 marzo 1927. E poi Carducci, Respighi, Einstein, per il Toscanini grande tra i grandi: quello della stanza del divano, come un piccolo sipario senza il palcoscenico. La giacca da camera e il suo poncho, il frac e la marsina alla cinese. I cappelli per cui era famoso.

Il sudore e i gesti intensi del podio illuminano dalle splendide foto di Robert Hupka le ultime scale, fino alla sala audizione, intitolata ad Aureliano Pertile.

E qui non resta che sedersi ed ascoltare.

 

                                  Rita Guidi

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