Il progetto della Nuova Pilotta, voluto e ideato dal Direttore Simone Verde, si arricchirà presto di un nuovo gioiello, il nuovo Museo Bodoniano, che andrà ad aggiungersi al restyling di alcune sezioni espositive della Galleria Nazionale e al nuovo allestimento del Museo Archeologico.Entrare nel nuovo Museo Bodoni sarà una esperienza doppiamente immersiva. Varcate le porte, sarà come entrare nella fucina bodoniana, nella sua tipografia, quasi avvertendo il profumo degli inchiostri e il frusciare delle carte. Ma si entrerà anche nel cuore della cultura di un'epoca in cui Parma era tra le vere capitali europee. A rendere ancora più sacrale l'ambiente, la scelta del nero come colore dominante, se non unico. Nere le pareti, nere le lampade industriali che, pendendo dai soffitti, daranno luce ad opere che sono indiscutibili capolavori della storia dell'editoria e, più in generale della grafica. Ma nell'attesa di poterlo vivere, ecco le nostre emozioni in una visita di qualche tempo fa...
La grazia, nel gergo tipografico, indica
l’apice del corpo del carattere. Dunque ciò che più distingue, visivamente, il
disegno delle singole lettere. Per Bodoni, per il suo intonso e superbo ‘romano
moderno’, la grazia è un cenno semplice, netto, sobrio, elegante: è arte.
Un’ispirazione e un’aspirazione per tutti. Anche per chi voglia raccogliere in
poche righe il mondo così intenso di storia e di curiosità che si raccoglie nel
Museo che Parma gli ha dedicato. All’ultimo piano della Biblioteca Palatina:
opportuno destino per chi, a Parma fu chiamato proprio dal Paciaudi, l’allora
bibliotecario, nel 1768 ( e per sempre).
Giambattista Bodoni, già affermato tipografo,
giungeva dalla piemontese Saluzzo, dove era nato nel 1740. Una data che divenne
stimolo, duecento anni dopo, proprio alla realizzazione di questo museo, il
primo dedicato alla tipografia in Italia (i più antichi si trovano a Magonza “Gutemberg Museum”, e ad
Anversa, “Museum Plantin-Moretey”).
Ma il 1940, purtroppo, apriva ben altre
prospettive. Solo vent’anni dopo, da quell’idea sarebbe nata la Fondazione “Museo Bodoniano”, e il 16
novembre 1963, (questa volta nel 150° anniversario della scomparsa) la Gazzetta
di Parma avrebbe dato notizia dell’inaugurazione ufficiale.
Il Museo, in un’elegante galleria dalle
strutture a volta della Pilotta farnesiana, ricorda, nella lunga cicatrice che
ne percorre il soffitto, l’episodio che nei suoi ormai trent’anni di vita, ne
sospese la frequentazione per otto anni: il terremoto del 1983. Per questo, e
per garantire il supporto di un accompagnatore, la direzione (commissario del
museo è ora Leonardo Farinelli, già presidente della Biblioteca Palatina)
preferisce opportunamente che le visite, singole o in comitiva, avvengano su
richiesta. Meglio così. Perchè è vero, uno sguardo basta: il disegno esatto e
limpido delle parole - immagine prima che significato -, la loro disposizione in totale e semplice equilibrio,
dicono subito di un’arte, di una smania di perfezione, che qualcuno, come un
paziente orefice, ha misurato in frazioni di millimetri.
Piombo, rame, inchiostro, ma come oro, nei
frontespizi su carta immacolata delle “Rime” di Francesco Petrarca (1799) o
dell’ “Iliade”, in greco, di Omero (1808), di quattro tragedie di Voltaire,
come in una precorritrice idea di collana editoriale.
Un modello di impaginazione che portò a
compimento l’idea, ancora appena appena perfettibile, iniziata col volume
“Epithalamia exoticis linguis reddita”, prima grande opera bodoniana,
realizzata (a proprie spese) nel 1775, e destinata ad essere un omaggio dei
piemontesi al loro principe.
Sì. Uno
sguardo potrebbe bastare. Come al celeberrimo manuale “Fregi e maiuscole incisi
e fusi da G.B.Bodoni”. Ma qualcuno potrà raccontarvi come. Le vetrine che
percorrono gli spazi centrali della galleria proteggono arnesi che è bello
immaginare al lavoro. Incisione, fusione, limatura. Oltre il fumo emergono i
punzoni d’acciaio, poi battuti con forza e precisione su tavole di rame a
formare le matrici dei caratteri.
Armadi a tutta parete raccolgono oltre 25.000
punzoni e 50.000 matrici, per un totale di circa 80.000 caratteri: cento tipi
di tondo e di corsivo, ventotto tipi di greco, una serie di cirillici,
finanziere e cavallereschi.
Nessuna
parola al mondo sfuggiva al grande tipografo. Che per questo ha segnato il
mondo delle parole: diverse sezioni della sala sono dedicate alla stampa prima
e dopo di lui, ideale apice e cesura. Genio riconosciuto anche tra i
contemporanei: più di una vetrina illustra elogi e riconoscimenti. Preziosa l’
“Oratio dominica” papale, in 155 lingue. Curioso il foglio che inviò in
ringraziamento, per essere iscritto al circolo dell’Arcadia di Parma, all’”immortale Iperide Foceo, vigilantissimo vice-custode
della colonia parmense”.
La firma del Bodoni arcadico ? Alcippo Persejo.
Persejo, forse, come Perseo, invisibile e alato figlio di Zeus.