mercoledì 10 marzo 2021

IL MUSEO BODONIANO DIVENTA NUOVO - UN'ODE ALL'ARTE DELLA TIPOGRAFIA di Rita Guidi

 



Il progetto della Nuova Pilotta, voluto e ideato dal Direttore Simone Verde, si arricchirà presto di un nuovo gioiello, il nuovo Museo Bodoniano, che andrà ad aggiungersi al restyling di alcune sezioni espositive della Galleria Nazionale e al nuovo allestimento del Museo Archeologico.Entrare nel nuovo Museo Bodoni sarà una esperienza doppiamente immersiva. Varcate le porte, sarà come entrare nella fucina bodoniana, nella sua tipografia, quasi avvertendo il profumo degli inchiostri e il frusciare delle carte. Ma si entrerà anche nel cuore della cultura di un'epoca in cui Parma era tra le vere capitali europee. A rendere ancora più sacrale l'ambiente, la scelta del nero come colore dominante, se non unico. Nere le pareti, nere le lampade industriali che, pendendo dai soffitti, daranno luce ad opere che sono indiscutibili capolavori della storia dell'editoria e, più in generale della grafica. Ma nell'attesa di poterlo vivere, ecco le nostre emozioni in una visita di qualche tempo fa...

La grazia, nel gergo tipografico, indica l’apice del corpo del carattere. Dunque ciò che più distingue, visivamente, il disegno delle singole lettere. Per Bodoni, per il suo intonso e superbo ‘romano moderno’, la grazia è un cenno semplice, netto, sobrio, elegante: è arte. Un’ispirazione e un’aspirazione per tutti. Anche per chi voglia raccogliere in poche righe il mondo così intenso di storia e di curiosità che si raccoglie nel Museo che Parma gli ha dedicato. All’ultimo piano della Biblioteca Palatina: opportuno destino per chi, a Parma fu chiamato proprio dal Paciaudi, l’allora bibliotecario, nel 1768 ( e per sempre).

Giambattista Bodoni, già affermato tipografo, giungeva dalla piemontese Saluzzo, dove era nato nel 1740. Una data che divenne stimolo, duecento anni dopo, proprio alla realizzazione di questo museo, il primo dedicato alla tipografia in Italia (i più antichi  si trovano a Magonza “Gutemberg Museum”, e ad Anversa, “Museum Plantin-Moretey”).

Ma il 1940, purtroppo, apriva ben altre prospettive. Solo vent’anni dopo, da quell’idea sarebbe nata la  Fondazione “Museo Bodoniano”, e il 16 novembre 1963, (questa volta nel 150° anniversario della scomparsa) la Gazzetta di Parma avrebbe dato notizia dell’inaugurazione ufficiale.

Il Museo, in un’elegante galleria dalle strutture a volta della Pilotta farnesiana, ricorda, nella lunga cicatrice che ne percorre il soffitto, l’episodio che nei suoi ormai trent’anni di vita, ne sospese la frequentazione per otto anni: il terremoto del 1983. Per questo, e per garantire il supporto di un accompagnatore, la direzione (commissario del museo è ora Leonardo Farinelli, già presidente della Biblioteca Palatina) preferisce opportunamente che le visite, singole o in comitiva, avvengano su richiesta. Meglio così. Perchè è vero, uno sguardo basta: il disegno esatto e limpido delle parole - immagine prima che significato -,  la loro disposizione in totale e semplice equilibrio, dicono subito di un’arte, di una smania di perfezione, che qualcuno, come un paziente orefice, ha misurato in frazioni di millimetri.

Piombo, rame, inchiostro, ma come oro, nei frontespizi su carta immacolata delle “Rime” di Francesco Petrarca (1799) o dell’ “Iliade”, in greco, di Omero (1808), di quattro tragedie di Voltaire, come in una precorritrice idea di collana editoriale.

Un modello di impaginazione che portò a compimento l’idea, ancora appena appena perfettibile, iniziata col volume “Epithalamia exoticis linguis reddita”, prima grande opera bodoniana, realizzata (a proprie spese) nel 1775, e destinata ad essere un omaggio dei piemontesi al loro principe.

 Sì. Uno sguardo potrebbe bastare. Come al celeberrimo manuale “Fregi e maiuscole incisi e fusi da G.B.Bodoni”. Ma qualcuno potrà raccontarvi come. Le vetrine che percorrono gli spazi centrali della galleria proteggono arnesi che è bello immaginare al lavoro. Incisione, fusione, limatura. Oltre il fumo emergono i punzoni d’acciaio, poi battuti con forza e precisione su tavole di rame a formare le matrici dei caratteri.

Armadi a tutta parete raccolgono oltre 25.000 punzoni e 50.000 matrici, per un totale di circa 80.000 caratteri: cento tipi di tondo e di corsivo, ventotto tipi di greco, una serie di cirillici, finanziere e cavallereschi.

 Nessuna parola al mondo sfuggiva al grande tipografo. Che per questo ha segnato il mondo delle parole: diverse sezioni della sala sono dedicate alla stampa prima e dopo di lui, ideale apice e cesura. Genio riconosciuto anche tra i contemporanei: più di una vetrina illustra elogi e riconoscimenti. Preziosa l’ “Oratio dominica” papale, in 155 lingue. Curioso il foglio che inviò in ringraziamento, per essere iscritto al circolo dell’Arcadia di Parma, all’”immortale Iperide Foceo, vigilantissimo vice-custode della colonia parmense”.

La firma del Bodoni arcadico ? Alcippo Persejo. Persejo, forse, come Perseo, invisibile e alato figlio di Zeus.

lunedì 8 marzo 2021

GIUSEPPE SGARBI? CI PARLA ANCORA di Rita Guidi

 


Ora è diventato un film, "Lei mi parla ancora" di Pupi Avati, ma queste pagine sono già state applaudite come testimonianza di vita di un uomo che la vota l'ha attraversata da silenzioso protagonista. Giuseppe Sgarbi ha amato la sua vita, le inevitabili difficoltà, le sofferenze che l'hanno attraversata e forgiata, e poi l'arte e la belleza come costante tensione salvifica, e ancora l'amicizia e l'amore, per la sua professione e per la sua famiglia. Per la sua Rina: donna di una vita, appunto, come deve essere per un uomo vero (o, se preferite, un vero uomo...Abbiamo letto quelle pagine nella loro prima uscita, per Skira (ora sono ripubblicate da Mondadori con lo stesso titolo del film) ed ecco quali emozioni ci hanno suscitato.

 Le pagine più forti sono proprio in fondo. Le uniche che gridano (nei ricordi mai rimarginati della grande alluvione) in un’avventura di quiete. Non perché non accada nulla, no: ma per la scelta (qualcosa tra l’amato equilibrio rinascimentale di un Ariosto e più moderni echi zen) di adagiarsi allo scorrere del tempo e della vita. 

Del resto Giuseppe Sgarbi lo scrive chiaramente in questo suo “Lungo l’argine del tempo” : “Ho fatto come il fiume, ho seguito il mio letto”. Metafora ricorrente di un libro-diario-biografia-testimonianza, di un uomo che alle soglie del novantaquattresimo compleanno sceglie di raccontare e raccontarsi. Non tanto e non solo come padre (perché è proprio lui, il papà del celeberrimo Vittorio e della altrettanto nota Elisabetta, presenti in postfazione, ma qui interessa Giuseppe), ma come voce di un tempo che è innanzitutto proprio; qualcosa di dovuto.

 Dal mulino di Stienta, che lo vede bambino (in un orizzonte rurale sempre amato e mai dimenticato), ai luoghi appena accanto eppure lontanissimi dalla radice onirica della sua infanzia (Ro, Ferrara…) che lo vedono crescere uomo, Giuseppe Sgarbi “il farmacista” (ancor più che agli alambicchi, appassionato di bellezza e di poesie) si confida e si racconta come ad un lettore-amico. 

Un ascoltatore più giovane, cui affidare il ricordo di quel suo mondo perduto, ma che scorre in lui ancora, con la stessa forza del (suo) fiume. Perché ci sono i tuffi di ragazzo, nel suo Po, e il silenzio necessario dopo i giorni di guerra, nel suo Po.  E l’argine da superare per diventare ‘grandi’, o la corrente da sconfiggere per sapere se l’alluvione ha risparmiato i suoi genitori e il suo mulino. 

Nel suo Po. Cornice viva, come i ritratti bellissimi del padre (elegante e un poco malandrino), della madre (affettuosa e bellissima), della moglie (l’incantevole Rina), alla quale tributa un amore senza dighe, finché arriveranno al mare. 

Già il mare: vissuto in  Liguria e nella Grecia in guerra. E ricordato in una delle tante (amate) poesie che hanno accompagnato fedeli ogni momento della sua vita: “Il mare rotola sulla riva un’onda che conosce i miei giochi” scrive. Ma potrebbe trattarsi della riva di casa.

giovedì 4 marzo 2021

PARMA IN PUNTA DI MATITA di Stefania Zanardi

 


Un video, sei donne, immagini, disegni, arte e creatività. Il tutto legato ad un “fil rouge” che ci conduce alla nostra città, Parma. Susanna Binacchi, Roberta Ferretti, Paola Gennari, Katia Giglielmi,Anna Mezzadri e Giulia Zatti usciranno (o meglio uscirà la loro produzione artistica) in edicola il 6 Marzo anticipando di due giorni i festeggiamenti per la Festa della Donna. Il titolo? “ Parma l’è bela bon ben” - Parma è molto bella- per i non avvezzi al dialetto.

Come nasce questa idea e soprattutto come si realizza fattivamente?

Roberta, parmigiana, grafica, illustratrice ed insegnante di questa disciplina si racconta.

”Tutto parte da semplici Sketch-books realizzati nell’arco di un anno insieme al mio gruppo storico di illustrazione. Una grande passione (legata ad un altrettanto grande impegno) ci ha portato a creare un libro illustrato – di quasi 240 pagine- che racconta la nostra città”-.

Compagne di viaggio in questa avventura, discepole, allieve certo ma pure amiche di Roberta- docente in questione- le sei creative hanno unito i loro stili, generi (pittorici e grafici) dando vita ad una sorta di guida, un “pot de pourri”, un ampio contenitore che ha intrecciato e legato armonicamente l’Anima ed il Carattere di Parma.

Differenze e similitudini delle opere? – le chiedo.

“ Il bello sta proprio qui – sottolinea Roberta Ferretti- tra schizzi, acquerelli e sketch-books che si moltiplicavano in laboratorio, ci siamo (per così dire) spartite la torta, ognuna di noi libera di esternare la propria arte, lo stile, la creatività e le inevitabili diversità.”

Ma le differenze, le difficoltà, il lavoro duro (sudore e lacrime?) vengono ampiamente compensati dalla forza ed energia sprigionate dal gruppo.

Il libro illustrato annovera ben 9 capitoli, fruibile a chiunque sia interessato a conoscere meglio Parma, i suoi luoghi e la sua storia. 

“ Questa pubblicazione- interviene Roberta- non ha un target particolare ma spazia e ci permette di immergerci in storie, racconti, aneddoti del tempo che fu, con curiosità e piacere. Può appassionare un anziano che rivive il suo passato ma pure incuriosire un ragazzino o ragazzina meravigliandosi e facendosi 1000 domande.”

Il primo capitolo è decisamente legato al Centro Storico (culla della città) e riporta anche leggende curiose, il secondo si sofferma sulla maestosa costruzione della Pilotta, sui  Borbone e Farnese che hanno governato Parma per lungo tempo e ci rimanda ai fasti del passato; ed ecco nel  terzo capitolo svelarsi il Giallo Parma e la sua origine ( lascito di Maria Luigia). Procedendo ci addentriamo in Oltretorrente ( dove un tempo vivevano i tradizionali parmigiani “del sasso”), curiosando tra le tante strade  ed i loro abitanti; e come non annoverare tra le specialità della nostra Parma i sapori, il gusto, il cibo ?

E’ così che si racconta della cucina parmigiana, della prima forma di Parmigiano reggiano e della tradizionale Tortellata di San Giovanni (la rugiada di buon augurio).

Spazio anche alla fantasia, alle favole, in particolare quella della Mucca Emilia che abbandona l’Appennino Parmense in direzione delle  bellezze della città; è poi la volta dei personaggi storici, famosi , mondialmente apprezzati.

Il libro si conclude con una speciale dedica ai Castelli Parmensi ed alla Via Francigena ricco di immagini e testimonianze .

Potremmo definire questo lavoro di gruppo un atto d’amore verso la città dove si respira la storia e la passione e, per non lasciare nulla al caso, il libro termina offrendoci un Glossario con termini dialettali e detti tipicamente parmigiani (perché si sa… non tutti li conoscono). 

Sfoglia che ti risfoglia, la strada si fa lunga per cui prepariamoci...almeno mentalmente, ad una bella scarpinata!