martedì 26 febbraio 2019

DA HAYEZ A SEGANTINI - MUSEI SAN DOMENICO DI FORLI'

Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882),
 Ruth, 1853, Olio su tela, 100 x 138 cm
Questa rassegna si ricollega, per le ambizioni e l'impegno nel riconsiderare sotto un nuovo punto di vista un periodo particolarmente significativo della nostra storia dell'arte, con altre grandi mostre organizzate dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. In particolare quelle dedicate nel 2007 a Silvestro Lega, nel 2013 al Novecento, nel 2014 al Liberty e nel 2015 a Boldini, alternando dunque approfondite ricognizioni monografiche alla esplorazione dei movimenti che hanno caratterizzato l'avvincente confronto tra la tradizione e la modernità, il dialogo tra il passato e il presente. Questo vale in particolare per il mezzo secolo preso in considerazione da questa mostra che va dall'Unità d'Italia alla Grande Guerra, evento che conclude definitivamente l'Ottocento. Oggetto di un'indagine mai tentata prima sono dunque anni esaltanti e tormentati che hanno visto gli intellettuali e gli artisti impegnarsi sul fronte comune della nascita di una nuova coscienza unitaria, di un'identità nazionale che rispecchiasse l'avvenuta unificazione politica del paese.

Come la letteratura, dominata da Carducci, Pascoli e D'Annunzio grandi interpreti dell'orgoglio e delle aspirazioni nazionali, e la musica, che con Verdi, Puccini e Mascagni ha saputo esprimere le grandi passioni proiettate nella storia come nella contemporaneità, anche le arti figurative, ed in particolare la pittura la cui presenza è dominante anche se in un affascinante dialogo con la scultura, sono state un formidabile strumento di aggregazione. Hanno esplorato infatti nuovi territori tra l'esaltante mitizzazione della storia, la memoria delle recenti lotte risorgimentali, viste come una grandiosa epopea popolare, e la dolorosa testimonianza del presente caratterizzato da forti tensioni sociali.
Per capire le attese, le speranze, le delusioni di un paese che ancora profondamente diviso antropologicamente, economicamente, socialmente e culturalmente, faticava a stare unito, la mostra propone un confronto, finora mai tentato, tra le esperienze dei movimenti più sperimentali che, come i Macchiaioli e i Divisionisti, si sono espressi come un'alternativa alla cultura figurativa dominante e la cosiddetta arte 'ufficiale' che è stata invece, nel bene e nel male, non solo un formidabile strumento celebrativo e di propaganda, ma anche e soprattutto il mezzo più efficace e popolare : diremmo meglio 'nazional popolare' per fare conoscere agli italiani i percorsi appassionanti e contraddittori di una storia antica e recente caratterizzata da aspirazioni e slanci comuni, ma anche da drammatiche tensioni e divisioni. Per scoprire, fuori dallo spazio alienante delle grandi città che le esigenze della modernità stavano cambiando irrimediabilmente, i paesaggi intatti del bel paese caratterizzato da una diversità che continuava ad attirare i viaggiatori stranieri.  Per celebrare i fasti della vita moderna, che verranno proiettati nel mito della Belle Époque. Per denunciare infine la drammatica condizione delle classi subalterne e rivelare le ingiustizie della società, attraverso la rappresentazione delle sconfitte e dei sentimenti dei vinti, degli emarginati.
Attraverso una selezione di opere diventate iconiche, soprattutto quelle presentate, premiate, acquistate dallo Stato e dagli enti pubblici, ma anche oggetto di dibattito e di scandalo, alle grandi Esposizioni Nazionali, da quella di Firenze del 1861 a quelle che tra Roma, Torino e Firenze (le tre città che erano state capitali) hanno celebrato il cinquantenario dell'Unità, le dieci sezioni della mostra ricostruiscono i percorsi dei diversi generi, da quello storico, alla rappresentazione della vita moderna, dall' arte di denuncia sociale, al ritratto, al paesaggio.
In un emozionante racconto epico affidato soprattutto alle opere di grande formato, mai movimentate prima, ci vengono incontro temi di impatto popolare e dal significato universale risolti nel cortocircuito visivo di capolavori indimenticabili. La varietà dei linguaggi con cui sono stati rappresentati consentono di ripercorrere un periodo di grandi trasformazioni della visione, dallo splendido tramonto del Romanticismo all' affermazione del Purismo e del Realismo, dall'Eclettismo storicista al Simbolismo, dalla rivoluzione dei Macchiaioli alle sperimentazioni estreme dei Divisionisti. Emergono con i loro capolavori i protagonisti di quei tormentati decenni, pittori come Hayez, Domenico e Gerolamo Induno, Pompeo Molmenti, Faruffini, Cesare Maccari, Muzzioli, Costa, Fattori, Signorini, Lega, Lojacono, Patini, De Nittis, Boldini, Zandomenenghi, Corcos, Tito, Mancini, Previati, Morbelli, Pellizza da Volpedo, Michetti, Segantini, Sartorio, Balla, Boccioni, e scultori come Vela, Cecioni, Bazzaro, Butti, Monteverde, Gemito, Troubetzkoy, Bistolfi, Canonica. Anche se sarà poi la straordinaria occasione di far finalmente conoscere al grande pubblico tanti altri artisti sorprendenti, oggi ingiustamente trascurati o dimenticati.
In un percorso coinvolgente, anche per la particolarità e la qualità dell'allestimento, la scena muta continuamente riservando al visitatore non poche sorprese, nell' incontro inatteso e ravvicinato con un Ottocento mai visto. Dai capolavori dell' ultimo dei Romantici, il vecchio e glorioso Hayez, interprete degli slanci della giovinezza, di una bellezza senza tempo e delle passioni del Medioevo, si passa alla potenza visionaria del teatrale Otello di Molmenti, del finalmente visibile Valentino a Capua di Previati, un immenso dipinto leggendario come le epiche battaglie risorgimentali evocate dai lombardi Induno e Faruffini e dal meridionale Cammarano, presente con un quadro entrato nell' immaginario degli italiani come la strepitosa e travolgente Breccia di Porta Pia. L'epica dei vinti, resa universale dal Signorini dell'Alzaia e dalla dolorosa attualità degli Emigranti di Tommasi, appare placarsi nella dolcezza di un quadro mitico e amatissimo come le Due madri e nei solenni paesaggi alpini, come quello monumentale di Alla stanga, che fanno di Segantini, celebrato da D'Annunzio, il genio che nei suoi occhi 'umili e degni' è riuscito a rendere l'infinita bellezza'della natura. Quella natura che ci rivela il suo mistero in quello struggente capolavoro finale, misterioso come certi versi del Pascoli simbolista, che è Lo specchio della vita di Pellizza da Volpedo.
Dato il rilevo nazionale e internazionale dell'evento, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha deciso di donare una parte del biglietto della mostra alla raccolta fondi che Mediafriends _ attraverso l'iniziativa Fabbrica del Sorriso _ dedica anche quest'anno al sostegno dei bambini.

Si è voluto abbinare la bellezza di una esposizione d'arte di grande prestigio alla salvaguardia del futuro dei più piccoli, sapendo che un importante evento come la mostra forlivese possiede tutte le qualità per sensibilizzare l'opinione pubblica oltre che su un tema culturale di indubbio valore anche su quello della solidarietà sociale.   
La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ringrazia gli altri soggetti privati partner dell'iniziativa: IMA, Luxury Living Group.

Ufficio Stampa
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lunedì 18 febbraio 2019

IL MESTIERE DELLE ARTI A RAVENNA


Perché mai un raffinato pezzo unico di gioielleria, di ceramica, cristallo viene ritenuto artigianato e non arte? Appellativo riservato invece a scultura e pittura? L'interrogativo sottende all'esposizione, per molti versi straordinaria, che il Museo Nazionale nel complesso di San Vitale, a Ravenna, propone dal 16 febbraio al 26 maggio, con la direzione scientifica di Emanuela Fiori.
Il mestiere delle arti. Seduzione e bellezza nella contemporaneità, questo il titolo della rassegna, è promossa e organizzata dal Polo Museale dell'Emilia Romagna, diretto dal dottor Mario Scalini, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e la collaborazione di Ravenna Antica. L'esposizione è curata da Ornella Casazza e Emanuela Fiori, con Maria Anna Di Pede e Laura Felici, che nel comitato scientifico sono affiancate dallo stesso dottor Scalini, da Claudio Spadoni e Fabio De Chirico.
In mostra, l'esercizio delle arti maggiori, scultura e pittura, è affiancato alle produzioni di oreficeria, in vetro e resina o in ceramica. La mostra propone infatti una selezione di artisti della contemporaneità che, ignorando il confine tra arti maggiori e arti minori, hanno conferito alle loro opere un valore universale per stile e sapienza tecnica.
Sono riunite più di cento opere di Igor Mitoraj, Mimmo Paladino, Paolo Staccioli, Cordelia von den Steinen, Ivan Theimer, Paolo Marcolongo, Stefano Alinari, Jean-Michel Folon, Giacomo Manzù, Giuliano Vangi, Mario Ceroli, Paola Staccioli, Luigi Ontani, Gigi Guadagnucci, Giovanni Corvaja, Daniela Banci, Marzia Banci, Orlando Orlandini, Angela De Nozza, Ornella Aprosio, Angela Caputi, Tristano di Robilant, Sauro Cavallini, Sophia Vari, Kan Yasuda, Pietro Cascella, Fernando Cucci, Pasquale (Ninì) Santoro.
L'amicizia delle arti, che oggi viene interpretata come una successione di creatività che non conosce cesure  affermano le curatrici -, permette di constatare come molti tra i massimi artisti di oggi sappiano muoversi con agilità tra la dimensione monumentale e il piccolo formato colloquiando con marmi purissimi, bronzi arricchiti di suggestive patine, legni intagliati, ceramiche lustrate, sete vellutate, pigmenti evocativi, ori e coloratissime pietre.
Non vi sono materie che si possono considerare più adatte di altre a produrre risultati artistici, come non vi sono materie a priori inadatte a produrli: ogni materiale vale soltanto in quanto è stato prescelto dall'artista che lo fa vivere e lo esalta con le sue mani. Talvolta, l'apparente spontaneità e l'immediatezza del risultato creativo, che presuppone una matura esperienza, possono generalmente essere considerate come prodotto di una eccellente bravura e perfino di raffinato virtuosismo. Il processo artistico, benché sempre legato alla tecnica, non è mai riducibile a qualcosa di appreso o ripetuto meccanicamente, ma impegna tutto l'essere dell'autore e non solo le facoltà intellettive ed esecutive.
L'opera può sostituire sapientemente il valore della materia preziosa imitandone anche gli aspetti esterni: per esempio la ceramica può prendere il posto e, in parte ripetere, l'effetto visivo dell'oro o dell'argento, il marmo può raggiungere morbidezze eburnee, le tessiture seriche uguagliare gli effetti pittorici, i legni rivivere nel loro colore morbido e naturale. Altre volte, invece, il procedimento artistico può svilupparsi allontanandosi progressivamente dall'elaborazione della materia e tende a porsi come operazione mentale, concretizzata con un 'disegno' inteso come processo o metodo di ideazione.
Già in passato il desiderio di dimostrare che assoluti valori di arte possano essere raggiunti attraverso i processi tecnici più semplici e tradizionali, talvolta addirittura arcaici, ha sollecitato vari artisti moderni  tra cui Picasso e Matisse  a produrre ceramiche, arazzi, stoffe e gioielli.
Molti degli autori selezionati per la mostra, particolarmente versatili, propongono la loro ricerca artistica in materiali diversi. Le loro opere sono allestite per assonanze visive e materiche in un percorso che si intreccia strettamente con le architetture del Museo Nazionale, ospitato nell'ex Monastero Benedettino di San Vitale.
La presenza prevalente di oggetti di provenienza collezionistica classense nelle collezioni permanenti del Museo Nazionale consente un continuo rimando tra le cosiddette arti minori dei secoli che vanno dal XIII al XVIII e la contemporaneità.
Riproponendo così un confronto antico-contemporaneo di enorme fascino.