domenica 31 gennaio 2016

Mantova la preziosa: dove la storia si sbriciola sulle tracce di Virgilio, dei Gonzaga e del Sacro Graal - di Rita Guidi


La virgiliana. La città che sbriciola la sua modernità oltre le acque ferme del Mincio, difesa dal nuovo, oggi, come da altro nemico un tempo.
Perché Mantova ha origine antica. Già etrusca (da lì il suo nome che è quello di una divinità infernale: mantus), fu poi dominio romano, anche se solo attorno al Mille, entrando in un’orbita nostrana, sotto Matilde, iniziò a farsi, da rurale, elegante.

 Per chi la visita oggi ultima traccia è però la sola Rotonda di San Lorenzo, in Piazza Erbe.
 Tonda, spoglia, raccolta, mantiene la stessa suggestione voluta dalla signora di Canossa. E nella stessa Piazza i due Palazzi solo di poco meno antichi, di età comunale: quello della Ragione, merlato (1250), dove aveva sede la Suprema Corte di Giustizia, e quello a due facce del Podestà, che ha due piazze (delle Erbe e Broletto, e da questo lato trovate Virgilio in cattedra) e due stili, perché è del 1227, ma fu poi ritoccato per volere dei Gonzaga.
 E non c’è dubbio che siano loro gli ospiti di chi vuol fare di questa città la meta di un giorno. Soprattutto in quelli densi di mercatini, proposte culturali e tradizioni (a proposito: tra un monumento e l’altro non perdetevi un assaggio di sbrisolona contrattata in una qualche bancarella).

  I Gonzaga, dicevamo. Un nome che a Mantova si può leggere in grande. A Palazzo Te, ad esempio. Oggi straordinario contenitore di straordinarie mostre (ce n’è sempre una che, non fosse altro per il luogo, vale la pena di visitare), 
racconta con l’eloquenza di un palcoscenico lo spettacolo del Rinascimento. Non lo stupore barocco, la maniera del Seicento. Invece il lusso di corte, l’ideale armonia del Cinquecento. Elegante già nel nome, che gli deriva dall’isola su cui sorge, Palazzo Te fu infatti voluto da Federico Gonzaga, e realizzato in dieci anni, dal 1525 al 1535. Il “progetto”? Di Giulio Romano. Architetto d’eccezione, che non risparmia pennellate d’incanto alle pareti della villa. Prendetevi una mezz’ora in più per sostare nella Sala dei Giganti.
 Ma se potete passeggiate senza fretta anche nel gioco dei loggiati e dei cortili. Insomma visitatelo con più calma di quanto non facesse lo stesso Federico, qui solo per impegni di rappresentanza (nel 1530 e nel 1532 ha ospitato l’imperatore Carlo V, e nel 1536 il Duca di Baviera Ludovico X), ma con fissa dimora al Castello. Cinquecento stanze, dodici giardini e logge, anche quello è davvero un lungo racconto. Che tra l’altro affaccia su Piazza Sordello (sì, quello da Goito, il poeta che ricorda anche Dante). A lungo, per secoli, è questo il vero centro della vita politica cittadina. Da un lato Palazzo Ducale, dall’altro il Duomo. . . 
Quella basilica che vuole la leggenda sia sorta attorno all’800, proprio dove furono ritrovati i Sacri Vasi (reliquia che ancora lì si trova) contenenti il sangue di Cristo.  Briciole di storia, sacra e profana. Una giornata a Mantova, forse, potrebbe iniziare proprio da lì.                                                                                    Rita Guidi