martedì 13 ottobre 2015

I BARCONI DELLA MEMORIA di Rita Guidi

Si è parlato con i migranti, non di migranti.
Una differenza grande come gli occhi di chi guarda (niente schermi televisivi, niente foto o articoli di giornale), ma soprattutto di chi parla (niente schermi televisivi, foto o articoli di giornale). Carne. Viva. Uomini. (Jerreh…Salè..) Che ti stringono la mano e raccontano, tra timidezza e allegria, ferite ancora aperte e cenni di speranza. Sopravvissuti. Per questo possono essere qui. Chiamati al ruolo impossibile di testimoni di se stessi, in una società impossibile, se ha bisogno di questo.
E’ un viaggio a ritroso, quello che raccontiamo oggi. Un viaggio verso di noi, di chi ha staccato un biglietto senza ritorno dal proprio mondo, ma anche un viaggio verso di noi, per guardarci dentro e sottrarci al nostro sordo galleggiare in superficie.
Ad accompagnarci è il CIAC (Centro immigrazione asilo e cooperazione di Parma) che ha organizzato con la Rete Scuole di Parma per la Pace un appuntamento toccante e prezioso presso il Seminario Minore di Parma.
Un viaggio esclusivo (nella migliore accezione del termine), un’uscita didattica alla massima potenza per oltre duecento ragazzi delle scuole superiori, silenziosi e partecipi ad una lezione viva. Protagonisti attenti di un messaggio che dovrebbe far parte del fare scuola sempre, se la scuola fosse buona davvero.
Dunque il faccia a faccia  con la realtà, con la cronaca. Pardòn: con questi uomini. Sopravvissuti. Scampati alla morte nella propria terra (straordinario il reportage di Costanza Spocci, giornalista in prima linea nell’inferno del medio oriente) e poi a quella nel mare (confine desiderato – spesso mai nemmeno visto – e crudele), e ora appesi al filo spinato peggiore: quello di chi – uguale e diverso – pensa che la povertà non sia il proprio egoismo.
“Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar…” Mohamed Ba, straordinaria presenza nella straordinaria assemblea, canticchia la canzone dei nostri migranti. 

Risveglia quella memoria spezzata e negata della quale diventa paradossale testimone. “Abbiamo gambe e non radici: siamo fatti per andare”, spiega. “Il Venezuela è la Venezia del Sud America perché è fatta da migranti veneti: quelli che oggi, qui, dicono no”, insiste. Poi racconta la sua Africa, e quel patrimonio di natura, umanità e saggezza che porta con sé. Un anziano che muore è una biblioteca che brucia, dice.

E Ba dice molto, molto altro. Ma a noi basta questo per chiederci se non siamo noi, invece, ad aver bisogno del loro aiuto.