Ha il Salento nel
cuore, “parmigianizzato” si (ma non troppo ), la musica, la sua chitarra (anzi
le sue!) senza le quali la sua vita non sarebbe pensabile né concepibile.
Claudio Tuma ci
racconta come si accostò alla musica ,ma pure come questa si accostò a lui,
perché le attrazioni – fatali o non- esistono, eccome.
Le radici lo
riportano indietro nel tempo, ad un’età in cui non ha ancora consapevolezza,
non ha memoria per cui sono gli altri – in questo caso i fratelli – a trasmetterla
al piccolo Claudio che, ci racconta , piangeva spesso e solo il suono della
fisarmonica era in grado di arrestare le sue lacrime.
- “ Pochi anni dopo, invece, ricordo il mio
primo impatto con la musica, quando ,con mia mamma mi recavo a casa di alcune
sue amiche ed era lì che iniziarono le mie prime “esibizioni”.. che poi
chiamarle tali… Bambino piccolo e in balia degli eventi, venivo posto su uno
sgabello o simile e lì , spazzola alla mano, cantavo “Con 24000 baci” la mia
hit di allora! Dire allucinante è nulla - scherza ironicamente Tuma.
Ok, gli esordi non
furono certo da divo… -“Ma il vero responsabile della mia passione nei
confronti della musica, fu mio fratello
maggiore che, nei primi anni ‘60, si presentò a casa con una sorta di
giradischi semi-automatico (cosa vorrà dire poi!), per quel tempo un oggetto da
fantascienza- sottolinea Claudio- seguito da due Album ; uno degli Shadows – mitico gruppo di Surf ,
genere musicale molto in auge allora- e di Duane Eddy, americano, il primo a suonare chitarre
elettriche”-.
E questo è il suo
primo step: Claudio, all’età di 6/7 anni, capì che avrebbe voluto suonare la
chitarra, da grande. Imparò ad usare il giradischi – per lui oggetto magico-
che non era scontato, anticipando di
vari decenni i ragazzini multi-task del
millenium e, senza la chitarra in mano, bensì un battipanni, dava vita ai suoi
piccoli show ( alternati ad alcuni momenti in cui era la mamma a suonare il
battipanni in testa a lui!).
E sono ancora i
fratelli ad infierire, eh si perché nel 1963, ecco giungere a casa i primi 45
giri dei Beatles! Da lì , si aprì tutta un’altra storia.
“Ricordo questi quattro ragazzini e i due brani
“ Please, please me” e “ Love me do” - ci racconta Claudio- che ascoltavo senza
tregua , con la convinzione sempre più marcata di volere suonare la chitarra.
Ero ancora alle elementari”.
E, tra una musica e l’altra, il sogno di una
chitarra, c’era pure il tempo per qualche calcio al pallone….
“Eh già- spiega-
giochicchiavo a calcio, cadendo spesso e rovinandomi le ginocchia ed avevo pure
vagamente pensato ad un futuro da “footballer” che lasciai presto perdere,
rapito come ero dalla musica”.
Ma, con l’arrivo dell’Epifania della sua 4a
o 5a elementare, ecco giungere nelle mani di Claudio una chitarra
vera, a lui, che fino a quel momento si era destreggiato con chitarre “hand
made”, stile lira di un tempo che cercava di accordare al meglio...menestrello
post datato. Poi arrivò la chitarra acustica e da quel momento Claudio
incominciò a suonare. Ma… al contrario! Eh già, perché da puro mancino al 100%
dovette lavorarci parecchio… ma vedremo come.
Intanto, ancora una
volta, la forza propulsiva nel proseguire sulla strada della musica, viene
dalla famiglia. “ Mio padre- ci racconta- mi insegnò i primi 4,5 accordi che lui
conosceva in quanto, a suo tempo, suonava il mandolino” -.Ma galeotti furono
gli anni spesi in parrocchia (abitudine molto usuale tra gli adolescenti di
qualche annetto fa), ascoltando i più grandi suonare, cercando di carpire al
meglio i loro insegnamenti.
Ciliegina sulla
torta, chi conosce Claudio in quegli anni ?
- “ Incredibile ma
vero, un ragazzino mancino come me che, per suonare girava la chitarra dal lato
opposto, senza cambiare le corde come era usuale fare in quelle circostanze.
Così mi misi a suonare davanti allo specchio per migliorare e mi dissi “ se
riesce lui, devo riuscirci pure io”- Questa è determinazione.
E fu così che il 21
novembre del ‘67, Claudio debutta in parrocchia con una piccola Band
(allora detta complesso) dove chitarra,
basso e batteria danno vita allo show per festeggiare il compleanno di Don
Agostino. Tutto fila liscio, abbastanza …- “ Era la prima volta che smettevo i
calzoni corti per indossare quelli lunghi ( i più grandi sanno che significa),
era la mia vera prima performance e, nel bel mezzo dello spettacolo, mi si
ruppe la prima corda!”-
Ma Claudio, imperterrito, continua ricevendo
pure i complimenti del parroco che lo paragonò poco di meno che a Paganini …
Bei tempi, ma le
situazioni cambiano, i primi amici di avventura nel mondo musicale abbandonano
e Tuma prende la decisione che avrebbe cambiato la sua strada. Siamo nel ‘78 e
lui decide che quella sarebbe stata la sua vita. - “Si, misi nel cassetto il
mio diploma di geometra e, con alcuni
amici musicisti salentini, partii per un
tour estivo guidato da Roberto Garrino. E’ così che arriva la prima tournée con Aurelio Fierro,
una grande palestra di vita per me e, soprattutto, c’è l’incontro un vecchio
amico che mi rende un favore mettendomi in contatto con Franco Simone. Devo
ammettere che se vivo a Parma, ho una famiglia, una figlia molto probabilmente
lo devo a loro.”
In tutta sincerità
,Claudio mi confessa che la città a cui aspirava era Bologna, in quei tempi il
regno della musica e della creatività del nord Italia, come lo era Napoli per
il sud. Gravitavano allora a Bologna e dintorni, personaggi del calibro di
Lucio Dalla, Francesco Guccini (solo per i citarne alcuni) mentre a Napoli
imperavano Tony Esposito, Pino Daniele.. e come scordarli? Erano gli anni del boom
della Dance Music (Donna Summer, Saturday Night fever…), musica di cambiamento
che tutti pensano essere unicamente americana mentre , mi aggiorna Claudio,
parecchia di questa, veniva prodotta in Italia da Malavasi, uno dei maggiori
produttori di dance.
Ma allora, come
giunge a Parma Claudio Tuma? -“ Ricordo – mi spiega- che tra fine anni 70 ed
inizi anni 80, Parma era un po’ covo di Salentini (soprattutto leccesi) saliti
al nord per studiare o… suonare ed un amico mi ospitò per un paio di mesi. Fu in seguito a questo soggiorno parmigiano, che
trovai casa e mi stabilii”.
Sebbene stabilirsi
sia un parolone visto che nell’ 82 già riprende viaggiare, da vero
professionista.
“ E’ vero, io con il mio gruppo, guidati da
Franco Simone, dovevamo ritirare un disco di platino al festival “Vigna del
mar”, in Cile, sulle sponde del Pacifico. Era un festival Internazionale e, sul
palco con noi suonavano niente di meno
che i Police! Devi sapere- sottolinea Claudio- che questo festival è importante
alla stregua del Festival di San Remo o meglio ancora dell’Eurofestival,
trasmesso in tutta l’America latina durante il quale gli ospiti, in
quell’occasione ,furono Raffaella Carrà e Miguel Bosè. “
Niente male, penso.
Immagino la sensazione di trovarsi sul palco con i Police. E qui Claudio mi
spiazza. -” Puoi ben dirlo ma, in quegli anni, il gruppo non era così famoso in
Sud America al punto che, uscendo dall’hotel dove tutti alloggiavamo, il
pubblico impazzito si accalcava per avere i nostri autografi, ignorando i
Police. Roba da non credere. Ero allibito, Sting al mio fianco e la richiesta
di autografo a me!”
Ed eccolo al lavoro
nella nostra città. Tante sono state e continuano (seppure in era covid tutto
sia fermo) le collaborazioni con artisti , soprattutto con Flaco Biondini,
Andrea Salvini e in particolare con l’orchestra 900 negli anni 2000.
“ Ricordo con piacere ed emozione il Concerto in
Piazza Maggiore a Bologna con l’orchestra Toscanini ,all’interno dell’iniziativa “Film
storici” dedicata quell’anno a Charlie
Caplin (il Monello e altri brevi filmati) mentre noi suonavamo dal vivo le
musiche di questo grande artista”.
Come chiudere questa
intervista? Ponendo la domanda forse più scontata in assoluto. “ Cosa è per te
l’X factor” ? A cui Claudio mi risponde ancora una volta spiazzandomi. “ Scusa-
mi spiega- non mi piace il termine e mi rifaccio piuttosto ad una citazione di
Jannacci “…. Perchè ci vuole orecchio” e non è una cosa scontata. L’orecchio o
ce l’hai oppure no, poi arriva il talento, un fattore che deve esserci, ma in
seguito. Il talento è un fatto caratteriale; se hai il carattere per sfruttare
il tuo orecchio e hai la curiosità che sarebbe “Io voglio sapere cosa succede
lì, perché lo voglio fare”, allora hai lo slancio, la passione.”
E allora, come
concludiamo ? “ Guarda- mi rassicura- ti farò ridere. Ho scelto la chitarra
(oltre che per la grande passione) perché non è un oggetto pericoloso, non può
succederti nulla con lei in mano. Ed invece – ridacchia- ho sfatato pure questo
mito, perché durante uno spettacolo, correndo per raggiungere il palco,
inciampai in un filo e caddi rovinosamente!”
Claudio Tuma non
finisce mai di sorprendere ed abbiamo capito che la musica è la sua vita, non
riuscirebbe a pensare ad una vita senza di Lei , sebbene ancora oggi, alla domanda
“Cosa fai tu?- Suono ! Che bello” non
può mancare la seconda domanda “ Ma di lavoro intendo!”
Stefania Zanardi
mszanardi@virgilio.it