martedì 12 gennaio 2021

NOTE DI VITA : CLAUDIO TUMA PER VOCE (E CHITARRA) di Stefania Zanardi

 



Ha il Salento nel cuore, “parmigianizzato” si (ma non troppo ), la musica, la sua chitarra (anzi le sue!) senza le quali la sua vita non sarebbe pensabile né concepibile.

Claudio Tuma ci racconta come si accostò alla musica ,ma pure come questa si accostò a lui, perché le attrazioni – fatali o non- esistono, eccome.

Le radici lo riportano indietro nel tempo, ad un’età in cui non ha ancora consapevolezza, non ha memoria per cui sono gli altri – in questo caso i fratelli – a trasmetterla al piccolo Claudio che, ci racconta , piangeva spesso e solo il suono della fisarmonica era in grado di arrestare le sue lacrime.

 - “ Pochi anni dopo, invece, ricordo il mio primo impatto con la musica, quando ,con mia mamma mi recavo a casa di alcune sue amiche ed era lì che iniziarono le mie prime “esibizioni”.. che poi chiamarle tali… Bambino piccolo e in balia degli eventi, venivo posto su uno sgabello o simile e lì , spazzola alla mano, cantavo “Con 24000 baci” la mia hit di allora! Dire allucinante è nulla - scherza ironicamente Tuma.

Ok, gli esordi non furono certo da divo… -“Ma il vero responsabile della mia passione nei confronti della  musica, fu mio fratello maggiore che, nei primi anni ‘60, si presentò a casa con una sorta di giradischi semi-automatico (cosa vorrà dire poi!), per quel tempo un oggetto da fantascienza- sottolinea Claudio- seguito da due Album ;  uno degli Shadows – mitico gruppo di Surf , genere musicale molto in auge allora- e di Duane Eddy,  americano, il primo a suonare chitarre elettriche”-.

E questo è il suo primo step: Claudio, all’età di 6/7 anni, capì che avrebbe voluto suonare la chitarra, da grande. Imparò ad usare il giradischi – per lui oggetto magico- che non era  scontato, anticipando di vari decenni i ragazzini multi-task  del millenium e, senza la chitarra in mano, bensì un battipanni, dava vita ai suoi piccoli show ( alternati ad alcuni momenti in cui era la mamma a suonare il battipanni in testa a lui!).

E sono ancora i fratelli ad infierire, eh si perché nel 1963, ecco giungere a casa i primi 45 giri dei Beatles! Da lì , si aprì tutta un’altra storia.

Ricordo questi quattro ragazzini e i due brani “ Please, please me” e “ Love me do” - ci racconta Claudio- che ascoltavo senza tregua , con la convinzione sempre più marcata di volere suonare la chitarra. Ero ancora alle elementari”.

 E, tra una musica e l’altra, il sogno di una chitarra, c’era pure il tempo per qualche calcio al pallone….

“Eh già- spiega- giochicchiavo a calcio, cadendo spesso e rovinandomi le ginocchia ed avevo pure vagamente pensato ad un futuro da “footballer” che lasciai presto perdere, rapito come ero dalla musica”.

 Ma, con l’arrivo dell’Epifania della sua 4a o 5a elementare, ecco giungere nelle mani di Claudio una chitarra vera, a lui, che fino a quel momento si era destreggiato con chitarre “hand made”, stile lira di un tempo che cercava di accordare al meglio...menestrello post datato. Poi arrivò la chitarra acustica e da quel momento Claudio incominciò a suonare. Ma… al contrario! Eh già, perché da puro mancino al 100% dovette lavorarci parecchio… ma vedremo come.

Intanto, ancora una volta, la forza propulsiva nel proseguire sulla strada della musica, viene dalla famiglia. “ Mio padre- ci racconta- mi insegnò i primi 4,5 accordi che lui conosceva in quanto, a suo tempo, suonava il mandolino” -.Ma galeotti furono gli anni spesi in parrocchia (abitudine molto usuale tra gli adolescenti di qualche annetto fa), ascoltando i più grandi suonare, cercando di carpire al meglio i loro insegnamenti.

Ciliegina sulla torta, chi conosce Claudio in quegli anni ?

- “ Incredibile ma vero, un ragazzino mancino come me che, per suonare girava la chitarra dal lato opposto, senza cambiare le corde come era usuale fare in quelle circostanze. Così mi misi a suonare davanti allo specchio per migliorare e mi dissi “ se riesce lui, devo riuscirci pure io”- Questa è determinazione.

E fu così che il 21 novembre del ‘67, Claudio debutta in parrocchia con una piccola Band (allora  detta complesso) dove chitarra, basso e batteria danno vita allo show per festeggiare il compleanno di Don Agostino. Tutto fila liscio, abbastanza …- “ Era la prima volta che smettevo i calzoni corti per indossare quelli lunghi ( i più grandi sanno che significa), era la mia vera prima performance e, nel bel mezzo dello spettacolo, mi si ruppe la prima corda!”-

 Ma Claudio, imperterrito, continua ricevendo pure i complimenti del parroco che lo paragonò poco di meno che a Paganini …

Bei tempi, ma le situazioni cambiano, i primi amici di avventura nel mondo musicale abbandonano e Tuma prende la decisione che avrebbe cambiato la sua strada. Siamo nel ‘78 e lui decide che quella sarebbe stata la sua vita. - “Si, misi nel cassetto il mio diploma di geometra  e, con alcuni amici musicisti salentini, partii  per un tour estivo guidato da Roberto Garrino. E’ così che  arriva la prima tournée con Aurelio Fierro, una grande palestra di vita per me e, soprattutto, c’è l’incontro un vecchio amico che mi rende un favore mettendomi in contatto con Franco Simone. Devo ammettere che se vivo a Parma, ho una famiglia, una figlia molto probabilmente lo devo a loro.”

In tutta sincerità ,Claudio mi confessa che la città a cui aspirava era Bologna, in quei tempi il regno della musica e della creatività del nord Italia, come lo era Napoli per il sud. Gravitavano allora a Bologna e dintorni, personaggi del calibro di Lucio Dalla, Francesco Guccini (solo per i citarne alcuni) mentre a Napoli imperavano Tony Esposito, Pino Daniele.. e come scordarli? Erano gli anni del boom della Dance Music (Donna Summer, Saturday Night fever…), musica di cambiamento che tutti pensano essere unicamente americana mentre , mi aggiorna Claudio, parecchia di questa, veniva prodotta in Italia da Malavasi, uno dei maggiori produttori di dance.

Ma allora, come giunge a Parma Claudio Tuma? -“ Ricordo – mi spiega- che tra fine anni 70 ed inizi anni 80, Parma era un po’ covo di Salentini (soprattutto leccesi) saliti al nord per studiare o… suonare ed un amico mi ospitò per un paio di mesi. Fu  in seguito a questo soggiorno parmigiano, che trovai casa e mi stabilii”.

Sebbene stabilirsi sia un parolone visto che nell’ 82 già riprende viaggiare, da vero professionista.

E’ vero, io con il mio gruppo, guidati da Franco Simone, dovevamo ritirare un disco di platino al festival “Vigna del mar”, in Cile, sulle sponde del Pacifico. Era un festival Internazionale e, sul palco con noi suonavano  niente di meno che i Police! Devi sapere- sottolinea Claudio- che questo festival è importante alla stregua del Festival di San Remo o meglio ancora dell’Eurofestival, trasmesso in tutta l’America latina durante il quale gli ospiti, in quell’occasione ,furono Raffaella Carrà e Miguel Bosè. “

Niente male, penso. Immagino la sensazione di trovarsi sul palco con i Police. E qui Claudio mi spiazza. -” Puoi ben dirlo ma, in quegli anni, il gruppo non era così famoso in Sud America al punto che, uscendo dall’hotel dove tutti alloggiavamo, il pubblico impazzito si accalcava per avere i nostri autografi, ignorando i Police. Roba da non credere. Ero allibito, Sting al mio fianco e la richiesta di autografo a me!”

Ed eccolo al lavoro nella nostra città. Tante sono state e continuano (seppure in era covid tutto sia fermo) le collaborazioni con artisti , soprattutto con Flaco Biondini, Andrea Salvini e in particolare con l’orchestra 900 negli anni 2000.

Ricordo con piacere ed emozione il Concerto in Piazza Maggiore a Bologna con l’orchestra Toscanini  ,all’interno dell’iniziativa “Film storici”  dedicata quell’anno a Charlie Caplin (il Monello e altri brevi filmati) mentre noi suonavamo dal vivo le musiche di questo grande artista”.

Come chiudere questa intervista? Ponendo la domanda forse più scontata in assoluto. “ Cosa è per te l’X factor” ? A cui Claudio mi risponde ancora una volta spiazzandomi. “ Scusa- mi spiega- non mi piace il termine e mi rifaccio piuttosto ad una citazione di Jannacci “…. Perchè ci vuole orecchio” e non è una cosa scontata. L’orecchio o ce l’hai oppure no, poi arriva il talento, un fattore che deve esserci, ma in seguito. Il talento è un fatto caratteriale; se hai il carattere per sfruttare il tuo orecchio e hai la curiosità che sarebbe “Io voglio sapere cosa succede lì, perché lo voglio fare”, allora hai lo slancio, la passione.”

E allora, come concludiamo ? “ Guarda- mi rassicura- ti farò ridere. Ho scelto la chitarra (oltre che per la grande passione) perché non è un oggetto pericoloso, non può succederti nulla con lei in mano. Ed invece – ridacchia- ho sfatato pure questo mito, perché durante uno spettacolo, correndo per raggiungere il palco, inciampai in un filo e caddi rovinosamente!”

Claudio Tuma non finisce mai di sorprendere ed abbiamo capito che la musica è la sua vita, non riuscirebbe a pensare ad una vita senza di Lei , sebbene ancora oggi, alla domanda “Cosa fai tu?- Suono  ! Che bello” non può mancare la seconda domanda “ Ma di lavoro intendo!”

Stefania Zanardi

mszanardi@virgilio.it

 


 

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