venerdì 20 gennaio 2017

UN PAESE IN COSTUME: GRAZZANO VISCONTI di Rita Guidi

  E’ un paese in costume. Eppure non ha il sapore posticcio di una mascherata.
Grazzano Visconti mantiene intatto da novant’anni il fascino di apparire come se ne avesse novecento. A un’ora d’auto da Parma (74 chilometri), due passi all’interno della piacentina Val Nure (è un comune di Vigolzone), apre i suoi cancelli a chi desidera tuffarsi in un borgo... “medievale”.
Il suo cuore davvero lo è. Un documento del 18 febbraio 1395, ricorda la posa della prima pietra di un possente castello. La firma è di Gian Galeazzo Visconti. Casato che mantenne la proprietà fino al novembre del 1884, cioè alla morte delle marchesa Fanny. Poi passò in eredita ai nipoti, i Visconti di Modrone. E in particolare al conte Guido e poi a quel Giuseppe cui venne l’idea (questa idea) di creare nel terreno circostante il maniero, una città d’arte (così è stata riconosciuta ufficialmente Grazzano dal 1986). Finzione reale, quindi, trancio d’architettura che rispetta rigorosamente le regole stilistiche di un urbe antica, la ricostruzione si compie tra il 1900 e il 1908. Autore quell’architetto Alfredo Campanini, che il committente ed amico conte Giuseppe definì “uomo coltissimo di gusti raffinati e di idee ben chiare”.
Il risultato, tra torri imponenti e botteghe artigiane, fontanelle e balconi fioriti, porticati e colonnine sul selciato rustico, è indubbiamente (e dispettosamente) suggestivo e gradevole. Ma se qualcuno insistesse nel trovarlo un po’ “kitsch”, il conte ha pensato anche a lui : sui muri del borgo ricorre infatti un’enigmatica scritta in caratteri gotici, “otla. ni. adraug. e. enetapipmi”. Motto bustrofedico, va letto cioè al contrario, che significa “Impipatene e guarda in alto”. Gli oltre 250.000 visitatori l’anno sembrano dargli ragione.
Del resto in questo neo-medioevo rivive proprio tutto. Accanto all’autenticità della Chiesa Parrocchiale, forse esistente dal 1200, con annesso Oratorio di Sant’Anna e chiesetta gotica, merita uno sguardo la piazza principale. Dominata dal Palazzo dell’Istituzione (1908), tutto trifore e loggette, con merlatura ghibellina alla sommità, fa il paio con l’Albergo del Biscione (costruzione tra le più antiche di Grazzano : 1905) dalla facciata ricca di stemmi e decorazioni floreali. E ancora, con la successiva (1922) Osteria del caminetto, tutta archi ed archetti volutamente...diroccati.
Ma in tutto il borgo ogni scorcio è un salto nel tempo. Forse perché qui non si aggira solo il fantasma di un’epoca ma anche quello di Aloisa. Leggenda triste di un amore tradito, che si concretizza in una piccola statua oggetto di visite e di messaggi da parte di chi vede in lei una protettrice degli innamorati.

Un’ultima segnalazione, da scoprire tra i mille particolari autenticamente falsi di questo paese curioso : un dipinto (uno dei tanti che adornano gli edifici) che si trova sotto il porticato del Palazzotto dell’Istituzione. Il motivo è semplice. Non solo è stato dipinto, come molti altri, sempre dal nostro conte, ma lo (auto)raffigura anche. Non da solo, certo. Accanto gli sono le figlie Ida e Anna, i nipoti, e più in alto i figli Guido, Luigi, Edoardo e Luchino. Proprio lui, il grande maestro della cinematografia. Figlio d’arte, verrebbe allora da dire. Quella delle ambientazioni sembra essere evidentemente una collaudata passione di famiglia.