mercoledì 30 giugno 2021

IN CAMMINO NELLA STORIA - STEFANO BOERI PROGETTA L'ACESSO ALLA RITROVATA DOMUS AUREA a cura di Rita Guidi

 




Sono gli anni iniziali del XVI secolo quando Raffaello Sanzio – e prima di lui, alla fine del XV, Pinturicchio, Filippino Lippi, Signorelli e Sodoma – percorre in compagnia di Giovanni da Udine le misteriose gallerie affrescate di una Domus Aurea non ancora portata alla luce, sepolta da secoli di damnatio memoriae, terra e costruzioni traianee.

 

Un dedalo composto da centinaia di ambienti che, in occasione dell'anniversario della morte del pittore e architetto urbinate, ospitano la mostra curata da Vincenzo Farinella con Stefano Borghini e Alessandro D’Alessio, Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche, all’interno della Sala Ottagona e dei cinque ambienti ad essa adiacenti.

 

“Il progetto di un nuovo ingresso alla Domus Aurea e di una passerella pedonale di accesso alla Sala Ottagona rappresentava un’occasione straordinaria – grazie alle scelte del Parco archeologico del Colosseo – per riportare all'attenzione della città una delle realtà più suggestive della storia e dell’architettura romana, permettendo ad ogni visitatore di scendere direttamente nel cuore della Domus neroniana” afferma l'architetto Stefano Boeri.

 

Una straordinaria opportunità per scoprire le stratificazioni della storia e della bellezza degli ambienti ipogei, potendo ammirare, durante la discesa graduale, la volta traianea soprastante e la presenza di strutture termali di altre fasi.

 

L’intervento che lo studio Stefano Boeri Architetti ha progettato si insinua tra le rovine, sfiorandole, ma rimanendo completamente autonomo e autoportante rispetto alle murature esistenti. Il rispetto per la realtà in cui si inserisce ha spinto lo studio a dedicare una particolare attenzione alle procedure di costruzione in un ambiente tanto delicato, tale da effettuare una posa in opera artigianale e interamente manuale, escludendo l'utilizzo di macchinari e di saldature in loco che avrebbero potuto compromettere i sistemi murari limitrofi.

 

La passerella pedonale si inserisce nella Galleria III – già anni fa liberata dalla terra e concepita come uno spazio scuro ma ben definito – la quale, illuminata da una direttrice di luce che accompagna il visitatore, suggerisce l'idea di un percorso tra le rovine, idealmente concluso dal grande oculo della volta della Sala Ottagona, meta finale dell'itinerario.

Il portale d'ingresso è pensato per mettere in risalto l’ubicazione del punto di accesso dal Parco di Colle Oppio, con un sistema di aperture e chiusure che incorporano sia i serramenti mobili che l'impianto di sicurezza, grazie a due grandi portali in lamiera d’acciaio nera zincata e verniciata con i dettagli di bronzo spazzolato.

 

Il percorso, dopo il portale d'ingresso, si suddivide in tre ambienti – il vestibolo, la galleria e l'approdo nella Sala Ottagona – che rendono possibile il collegamento tra il Parco di Colle Oppio e l'antico piano di calpestio, quasi sei metri più in basso.

Il vestibolo accoglie al suo interno uno spazio dedicato a bookshop e biglietteria, affacciato su una vetrata che consente di avere uno sguardo complessivo sulla passerella allungata nella galleria sottostante e illuminata in ogni suo dettaglio.

 

Un gioco di luci permette la fruibilità dell’intero percorso, evidenziando passo dopo passo dettagli costruttivi, tessiture murarie, resti di un'antica cisterna e parte delle strutture termali sottostanti.

L’utilizzo di strip LED accentua la linearità dell’intervento, facendo brillare le finiture di resina bianca che coprono i piani di calpestio e le porzioni interne verticali dei parapetti, mentre – mediante punti luce accuratamente posizionati – vengono valorizzati gli elementi storici sottostanti. La struttura portante della passerella – accessibile a tutti i tipi di visitatori – è costituita da profili metallici HEB rivestiti di un profilo di lamiera liscia zincata e verniciata che, per illusione ottica, ne mascherano le dimensioni e le fattezze industriali.

 

La scelta di realizzare un intervento leggero regala così ai fruitori uno spazio immersivo, occasione unica per osservare le rovine dall'alto, da vicino e addirittura di attraversarle, raggiungendo il punto finale di accesso alla Sala Ottagona.

L’approdo del percorso nella Sala Ottagona, uno degli ambienti più suggestivi della reggia neroniana, è infine costituito da un elemento neutro verticale removibile che può, di volta in volta, prendere parte ai differenti scenari che si manifestano all’interno della Domus Aurea. Da cornice per la proiezione di immagini e video a racconto della reggia, la parete – di medesime dimensioni del portale retrostante – muta il suo aspetto al variare dell’utilizzo di luci di tonalità, intensità e colori diversi, entrando così a far parte dello spazio che la accoglie.

Dal punto di vista tecnico, il pannello verticale situato nella Sala Ottagona ha funzione di mascherare l’impianto della piattaforma elevatrice e la parte conclusiva della passerella. In totale rispetto con l’ambiente in cui si immerge, l’elemento mantiene le medesime dimensioni dei portali di cui la Sala è costituita e, come il resto del progetto, è studiata nei minimi dettagli in modo tale da essere composta in loco senza l’utilizzo di saldature o altri macchinari che potrebbero in qualche modo alterare il microambiente interno alla Domus Aurea.

 

Combinando tra loro soluzioni tecniche e formali diverse e declinate sulla peculiarità dei diversi spazi in cui si inserisce, il progetto ambisce a offrire, alla città di Roma e a tutti i visitatori, un accesso permanente, nuovo e facilmente fruibile per una delle più straordinarie ricchezze archeologiche del Paese.

martedì 29 giugno 2021

E' ANCORA TEMPO DI FORNASETTI - di Rita Guidi





Per l’intera estate, alla Nuova Pilotta si potrà ammirare “Fornasetti Theatrum Mundi”,

  http://bigblogtrotter.blogspot.com/search?q=fornasetti

la spettacolare esposizione-installazione che “occupa” diversi ambiente del complesso monumentale parmense.

Nell’esposizione, curata da Barnaba Fornasetti, Valeria Manzi e Simone Verde, l'immaginario e le creazioni dell'Atelier milanese dialogano con l’architettura e le opere del Complesso Monumentale della Pilotta. Riferimenti e suggestioni danno vita ad un vero “teatro del mondo”, così come era inteso nel Cinquecento.

 A comunicare congiuntamente la proroga sono il Direttore del Complesso Monumentale, Simone Verde, e l’associazione Fornasetti Cult.

 “Questa mostra – installazione, proponendo un perfetto mix tra design e storia, ha conquistato il pubblico e i social, afferma il Direttore Verde. Per questo, messe alle spalle le lunghe chiusure, i moment di incertezza, siamo convinti che questa estate possa essere, finalmente, il momento che molti stanno attendendo per riuscire a raggiungere Parma per ammirare la mostra e, con essa, la Nuova Pilotta”.




martedì 22 giugno 2021

LE CRETE DI EDDA Testo e foto di Stefania Zanardi

 


                 

Quando nasce una passione, un interesse che anima le nostre giornate, la nostra vita? Come si muovono i primi passi verso un mondo, una realtà che tanto ci attira ma di cui ben poco conosciamo ? Quanto c’è di fatica, lavoro, impegno e gioia nella ricerca verso una parte di noi stessi? Quale il valore delle persone che incontriamo sul nostro cammino, le emozioni provate e le iniziative per le quali lavoriamo, produciamo, offrendo agli altri i frutti del nostro lavoro?

Per Edda Marafetti, amante dell’arte (in particolare del lavorare con la creta) dei viaggi – in primis dell’Oriente, soprattutto del Giappone -, questa  fonte inesauribile di amore rivolto verso varie  forme espressive,   ha avuto origine dalla sua giovinezza, dai suoi 20 anni.

Si- inizia a raccontarmi Edda- già allora provavo grande interesse e trasporto verso l’arte nel senso più globale del termine, che fosse pittura, foto, scultura … ma la vita, spesso, ti spinge a scelte diverse e così , il matrimonio, i numerosi impegni - come l’avere dedicato una buona parte del mio tempo allo sport-  non mi hanno permesso di coltivare questa passione più personale e privata.”

Ma il tempo sa pure attendere e recuperare; tant’è che dodici anni fa, Edda si avvicina a questo mondo iniziando a frequentare il  Centro Eos (rinomato punto di incontro per artisti ,a Parma) dove ha la fortuna di incontrare il maestro Nicola Romualdi che diviene la sua guida .

E’ così che Edda impara la tecnica, studia e fa pratica senza mai abbandonare ,comunque, il suo istinto, riproducendo luoghi, immagini e persone incontrate durante i numerosi viaggi intorno al mondo.

“ Sinceramente – prosegue Edda – ho avuto la fortuna di viaggiare tanto, sia in occidente che in oriente e, a tale proposito, mi rammento di un viaggio a Cracovia mentre visitavo il Castello di Wawel; quanto ho ammirato quel soffitto colmo di sculture in legno che, al mio rientro in Italia, ho voluto subito riprodurre, trasformando ciò che i miei occhi avevano “catturato”, in visi, espressioni di vario genere, sempre grazie all’uso della creta.”

Eh già, proprio lei, la Creta con la quale Edda ha un rapporto di amore, ma pure di fatica e di sorpresa poichè, è solo al termine dell’opera che si può ammirare il frutto de proprio lavoro.

“ L’impatto con la creta- spiega con fervore Edda- ti lascia riflettere, ti porta lontano, ma senza sapere esattamente dove: ricordo la prima opera eseguita, quanto ho lavorato per riprodurre quello che avevo negli occhi e nel cuore, non riuscivo a dare a quella creazione un’identità ma, alla fine, ne è  uscito un buon lavoro.”

L’artista mi confessa quanto sia grande per lei il piacere di lavorare questo materiale naturale, sebbene il tutto richieda molto tempo e pazienza soprattutto quando si giunge ai particolari (come bocca, naso che restano le parti  del viso più difficili).

“Certamente- prosegue entusiasta- quando si è ispirati, la creatività aumenta, fa capolino coraggiosamente e la creazione dell’opera in questione arriva così, “ tout court”! Importante è avere le idee chiare!”

E, curiosando tra le sue numerose produzioni , scopro quella profondità, quell’ impegno che solo chi lavora col cuore riesce a sostenere : dalla riproduzione facciale di una donna – incontrata a Cracovia , seduta al tavolino di un bar- che trasmise ad Edda un tale pathos da non potere evitare di riprodurla su creta, alla sua prima creazione raffigurante  una donna in gravidanza dove tutto il “maternage”, che da sempre Edda sente in sé, esplode con affetto e amore.

Ritorno un attimo ai viaggi, incuriosita dalla passione ed attrazione di Edda verso il Giappone.

“ Devo ammettere- incalza l’artista - che  l’Oriente rappresenta qualcosa di inconscio, l’attrazione verso un “universo” unico che spazia dalla storia, ai musei, alla natura e che appartiene al mio intimo “ .

 E, a tale proposito non poteva mancare tra le sue opere la riproduzione di un Buddah (Yuritomo).

Ritornando alle nostre origini, all’Italia, , Edda mi confessa quanto resti affettivamente  legata al Laboratorio di Arte Eos di Parma, luogo  che l’ha vista nascere come artista, mettendola in contatto con culture diversificate, confrontandosi con persone e realtà variegate che l’hanno arricchita e stimolata nella creatività.

“ Ho prodotto tanto - e ancora lo sto facendo- spaziando in vari campi,senza impormi limiti” – mi spiega-:”  da Vasi Cinesi, alla riproduzione di un busto di Leonardo Da Vinci (pensa un po’ che presunzione – e ride), passando alla pittura dipingendo un Centes messicano e poi tante maschere, immagini femminili… ma la fonte dei miei lavori resta la foto, che sia scattata che nei miei occhi !” 

Tanto è l’entusiasmo che Edda sprigiona nel raccontare e raccontarsi che non posso evitare di chiederle se viene mai attanagliata dalla fatica.

“ Guarda- mi rassicura- il termine fatica è stato da me soppresso ogni qual volta lavoro alle mie opere; troppa è la passione, la gioia e la gratificazione  che mi accompagnano in questa avventura...”

Perfetto ma, insisto, forse un momento più difficile, piu’ demandante ci sarà pur stato…

“ In effetti- replica Edda ricordo una riproduzione di alcuni anni fa che mi ha trovata in difficoltà: avevo deciso di dare vita ad una scultura a 4 facce, 4 visi rappresentanti diverse espressioni. Sono partita dalla Gioia, passata alla Gioventù per raggiungere la maturità; quando si è trattato di raffigurare l’espressione della Cattiveria, ho dovuto fermarmi, non sono riuscita a riprodurla su creta, era come se qualcosa mi proibisse di procedere”.

Chissà- penso io- probabilmente solo sensazioni ed emozioni che si sono vissute realmente si possono esternare…

Ma dove ha esposto Edda le sue opere ? Le sue sculture (che da qualche tempo firma E.M.) sono state visibili in Piazza Duomo presso la Galleria Sanseverino, alla Galleria Sant’Andrea e poi in Via Garibaldi, Borgo del Gallo, a Noceto e presso il Circolo del Castellazzo.

“Sai- conclude Edda- alla mia età, pur sapendo che il futuro è alquanto” ristretto, continuo a pensare, creare, lavorare come se il tempo a disposizione fosse infinito. Posso affermare di avere una mente giovane intrappolata in un corpo anziano ! Inoltre, questa passione per il creare, lavorare la creta mi rende talmente felice, soddisfatta e serena che non posso abbandonarla… cosa c’è di meglio di andare a dormire in pace con se stesse ? Tutto questo non ha prezzo.”





 

domenica 20 giugno 2021

LE TERRE ALTE DI STEVE MC CURRY a cura di Rita Guidi

 


Estate 2021: il Mart e il MUSE accolgono uno speciale progetto di Steve McCurry dedicato al tema della montagna. Grazie al suo stile forte e deciso, McCurry è tra i fotografi contemporanei più famosi e amati. I suoi lavori raccontano di conflitti, di tradizioni antiche e di culture contemporanee e sono diventati vere e proprie icone del nostro tempo.Per la prima volta insieme, i due musei trentini organizzano una grande mostra nella storica sede di Palazzo delle Albere. A Trento, fino al 19 settembre. 

Palazzo delle Albere, il link tra il Mart e il MUSE

Dalla fine degli anni Ottanta al 2010 il rinascimentale Palazzo delle Albere è stato la prima sede del Mart. Nelle antiche sale affrescate si sono avvicendate numerose grandi mostre e hanno trovato stabile collocazione dipinti e sculture, in parte provenienti da importanti depositi e donazioni, tra cui le opere di Hayez, Bonazza, Disertori, Malfatti e Vallorz.

 

In anni recenti il Palazzo è stato affidato dalla gestione del MUSE di Trento, inaugurato nel luglio del 2013 proprio nel quartiere delle Albere, che dal Palazzo prende il nome.

Il programma del MUSE ha ampliato la proposta del museo che mette in dialogo natura e scienza con le discipline umanistiche (filosofia, arte, letteratura, musica e teatro).

Una contaminazione che, a partire dal 2019, ha portato nell’antica dimora nobiliare un cartellone di mostre, spettacoli e iniziative capaci di intrecciare passato, presente e futuro e affrontare temi di grande attualità: la relazione tra umanità e foreste, le sfide dell’Antropocene e il rapporto tra scienza e filosofia.

 

Da dicembre 2019 alle attività espositive del Palazzo progettate dal MUSE si sono affiancate alcune esposizioni organizzate dal Mart, nell’ottica di una sempre più serrata collaborazione. Nasce da questo indirizzo culturale l’intento di proseguire insieme nel disegno di rilancio della dimora storica e dei suoi dintorni.

 

Si comincia con la mostra di Steve McCurry, la cui evocativa indagine visiva ha a che fare con le ricerche di entrambi i musei trentini: arte, fotografia, ricerca estetica da un lato; montagna, antropologia, cambiamenti climatici dall’altro.

 

Da un’idea di Vittorio Sgarbi e Gabriele Accornero, la mostra è realizzata con Sudest57, agenzia italiana che rappresanta i maggiori fotografi internazionali. La curano Biba Giacchetti, fondatrice di Sudest57, e Denis Isaia, curatore del Mart.

 

La mostra 

Già solo il viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse

mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile

Steve McCurry

 

A Trento un progetto inedito racconta la straordinaria carriera di Steve McCurry.

Dedicato alle terre e alle genti di montagna, Terre Alte è un viaggio tra le altitudini del mondo. L’Afghanistan, il Tibet, la Mongolia, il Giappone, il Brasile, la Birmania e poi le Filippine, il Marocco, lo Yemen narrano le simbiosi tra popoli, animali e paesaggi secondo la cifra espressiva che ha reso McCurry uno dei fotografi contemporanei più amati.

 

In un percorso su due piani, 130 scatti descrivono il fascino della montagna, la fierezza dei suoi popoli, la struggente bellezza dei suoi paesaggi, l’incanto dei suoi silenzi.

Le immagini documentano, con potenza inaudita, lo spirito delle vette, la sacralità, gli sguardi e la forza della vita in condizioni estreme.

La mostra è arricchita dalla Icons Room, una stanza nella quale si ripercorre sinteticamente la carriera di Steve McCurry attraverso undici fra le più note opere fotografiche. Tra queste il celebre ritratto della ragazza afgana dallo sguardo magnetico, realizzata nel 1984.

 

Terre Alte immortala l’incanto di un’opera d’arte, quella della natura, fatta di paesaggi di sublime bellezza e abitata con determinazione incrollabile dalla “gente di montagna”. Emerge con forza l’equilibrio dello stile di vita di popoli abituati a confrontarsi con due opposti, il pericolo e l’opportunità.

Le immagini, in parte inedite, raccontano l’instancabile desiderio di McCurry di esplorare, scoprire e rivelare il mondo. Una vita dedicata a paesaggi sconfinati, tempi dilatati, silenzi che avvolgono lo spirito rimandando a tradizioni antiche e culture contemporanee. La narrazione delle altitudini sospese fra cielo e terra cattura l’armonia fra paesaggio, esseri umani e animali che ancora resiste, sottolineandone la fragilità.

 

La mostra vuole essere anche lo spunto per una riflessione sui cambiamenti climatici e antropologici e sulla decolonizzazione culturale. In tutta l’opera di McCurry ricorre uno spirito politico, una vena ecologista e pacifista, un profondo impegno umanitario riconoscibile in particolare nella rappresentazione di culture sottorapresentate o ignorate. Parallelamente alla professione fotografica, McCurry promuove progetti di alfabetizzazione ed empowerment delle popolazioni più povere. Perché come lui stesso ha dichiarato: “La storia di ciò che accade in quei luoghi diventa parte della tua stessa storia”.

  

Biografia (a cura di Sudest57)

Da circa 30 anni, Steve McCurry è considerato una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea. La sua maestria nell’uso del colore, l’empatia e l’umanità delle sue foto fanno sì che le sue immagini siano indimenticabili. Ha ottenuto copertine di libri e di riviste, ha pubblicato svariati libri e moltissime sono le sue mostre aperte in tutto il mondo.

 

Nato nei sobborghi di Filadelfia nel 1950, McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University prima di andare a lavorare in un giornale locale. Dopo molti anni come freelance, compie un viaggio in India, il primo di una lunga serie. Con poco più di uno zaino per i vestiti e un altro per i rullini, si apre la strada nel subcontinente, esplorando il paese con la sua macchina fotografica. Dopo molti mesi di viaggio, si ritrova a passare il confine con il Pakistan. Là incontra un gruppo di rifugiati dell’Afghanistan, che gli permettono di entrare clandestinamente nel loro paese proprio quando l’invasione russa chiudeva i confini a tutti i giornalisti occidentali. Riemergendo con i vestiti tradizionali e una folta barba, McCurry trascorre settimane tra i mujahidin e mostra al mondo le prime immagini del conflitto in Afghanistan, dando finalmente un volto umano a ogni titolo di giornale.

Da allora, McCurry ha continuato a scattare fotografie mozzafiato in tutti i sei continenti. I suoi lavori raccontano di conflitti, di culture che stanno scomparendo, di tradizioni antiche e di culture contemporanee, ma sempre mantenendo al centro l’elemento umano che ha fatto sì che la sua immagine più famosa, la ragazza afgana, fosse una foto così potente.

 

McCurry è stato insignito di alcuni tra i più importanti premi della fotografia, inclusa la Robert Capa Gold Medal, il premio della National Press Photographers e per quattro volte ha ricevuto il primo premio del concorso World Press Photo. Il ministro della cultura francese lo ha nominato cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere e, più recentemente, la Royal Photographic Society di Londra gli ha conferito la Centenary Medal for Lifetime Achievement.

 

McCurry ha pubblicato molti libri, tra cui The Imperial Way (1985), Monsoon (1988), Portraits (1999), South Southeast (2000), Sanctuary (2002), The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003), Steve McCurry (2005), Looking East (2006), In the Shadow of Mountains (2007), The Unguarded Moment (2009), The Iconic Photographs (2011), Untold: The Stories Behind the Photographs (2013), From These Hands: A Journey Along the Coffee Trail (2015), India (2015), Leggere (2016), Afghanistan (2017), Una Vita Per Immagini (2018), Animals (2019), In Search of Elsewhere (2020).

 

Calendario eventi

RACCONTI DALLE TERRE ALTE

Ogni giovedì alle 21.30 nel Giardino MUSE

In collaborazione con MONTURA

Eventi inseriti nel programma Summertime MUSE

 

Giovedì 1 luglio 2021

Popoli e Montagne delle Terre Alte

FAUSTO DE STEFANI, alpinista e naturalista. Ideatore e promotore della Rarahil Memorial School in Nepal, progetto di solidarietà realizzato con la “Fondazione Senza Frontiere Onlus”

Conduce: Matilde Peterlini (MUSE)

 

Giovedì 15 luglio 2021

Terre Alte su due ruote

Con Lorenzo Barone, Caterina Borgato, Alessandro de Bertolini, atleti e testimonial Montura e Mirco Robaldo (Editoriale Domus)

Conduce: Gian Luca Gasca, collaboratore di Montagna TV

 

Giovedì 29 luglio 2021

Terre alte inclusive

Con Simone Salvagnin, Urko Carmona, Nicolle Baroni e Daniela Preschern, atleti e testimonial Montura, Simone Elmi (Dolomiti Open e Brenta Open), Alberto Benchimol (Sportfund)

 

Giovedì 2 settembre 2021

Divinità, spiriti e sciamani delle Terre Alte

DAVID BELLATALLA, antropologo ed esploratore. Ideatore e promotore del progetto “Una Ger per tutti” ad Ulan Bator in Mongolia, realizzato da “Need You Onlus”.

Conduce: Romana Scandolari (MUSE)

 

Palazzo delle Albere

Via Roberto da Sanseverino, 43, Trento

martedì - venerdì 10.00 - 18.00

sabato e domenica 10.00 - 19.00

 

Tariffe

Intero 7 Euro

Ridotto 5 Euro

Gratuito fino ai 14 anni e persone con disabilità

venerdì 18 giugno 2021

MALEDETTO MODIGLIANI - QUEL MODI' DA GRANDE SCHERMO a cura di Rita Guidi

 


Finalmente riaperti, i cinema si restituiscono alla città non solo come spazi di intrattenimento e cultura, ma anche come luoghi di incontro: tra le persone e, talvolta, tra le arti.

Venerdì 18 giugno alle ore 21.30, grazie alla complicità tra Cinema Astra d'Essai di Parma e Fondazione Magnani-Rocca, presso l'arena estiva della sala verrà proposto al pubblico il docu-film Maledetto Modigliani (2020) di Valeria Parisi distribuito da Nexodigital. Il racconto dell'inquieto artista livornese è accompagnato dalle parole immaginarie della sua ultima musa Jeanne Hébuterne, delicata pittrice suicida il giorno dopo la morte di Amedeo Modigliani avvenuta all’Hôpital de la Charité di Parigi il 24 gennaio del 1920. È proprio a partire dalla sua figura e dalla lettura di un passo dai Canti di Maldoror, il libro che Modigliani teneva sempre con sé, che si apre il film, arricchito anche dalle immagini di alcune delle più importanti mostre realizzate in Europa per le celebrazioni del centenario della sua morte tra Vienna, Washington, Parigi e naturalmente Livorno.

Anche la Fondazione Magnani-Rocca ha voluto ricordare il grande Modì (che in francese suona maudit, maledetto) attraverso una esposizione di sei opere organizzata in collaborazione con il Musée de Grenoble presso la Villa dei Capolavori di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, fino al 18 luglio. L'allestimento consente di analizzare il rapporto fra disegno e pittura e di cogliere i principali riferimenti culturali nel suo lavoro di ritrattista: sono infatti esposti il dipinto Femme au col blanc, olio su tela del 1917, raffigurante Lunia Czechowska, la modella preferita, moglie dell’amico d’infanzia di Léopold Zborowski, mercante d’arte e mecenate di Modigliani, e cinque ritratti a matita di personaggi della capitale francese degli anni Dieci, dove egli fu al centro della scena artistica, al tempo all’avanguardia internazionale.

Grazie alla collaborazione tra cinema Astra e Fondazione Magnani-Rocca presentando all'ingresso del museo il biglietto della proiezione di Maledetto Modigliani sarà possibile accedere alla mostra, alla collezione permanente e al giardino a prezzo ridotto fino al termine della mostra. 

Per la serata del 18 giugno è consigliata la prenotazione scrivendo un sms o WhatsApp al numero 3662376453. 

L'evento è organizzato con la collaborazione dell’Associazione 24FPS - obiettivo cinema.

Introducono la serata, Milo Adami, regista e presidente dell'associazione 24FPS, e Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca.