giovedì 20 maggio 2021

INVITO A CASA BERTOLUCCI - CASAROLA, I FALCHI E L'APPENNINO di Rita Guidi

 

  Un bosco è un bosco. E invece no: ricordi e anima ne fanno altro, luogo e stagione diversa ad ogni istante. C’è un solo verde, adesso, sull’Appennino parmigiano; e non ve saranno altri (non così). Diverso dal bosco, seppure lo stesso, immortalato dai tanti ciak de “La tragedia di un uomo ridicolo” nel 1981, a Casarola, da Bernardo Bertolucci.

 Bernardo, e non Attilio, che ha rivoluto l’ombra dei suoi castagni di ragazzo, fotografata dalle luci di Carlo Di Palma. Bernardo eppure Attilio: perché Casarola è sua.

 “Qui all’occhio chinato erica e cardi / e all’occhio levato i falchi e il sole./ Tu non potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio…” 

E’ vero. In questo stralcio poetico dal “Viaggio d’inverno” dello scomparso poeta, si condensa la sensazione mille volte provata di insopportabile intensità, che avvolge i viaggiatori dell’Appennino. Sensazione non troppo rara e spesso solitaria, più frequente inseguendo proprio questo suo paese che ha come ingresso il “groppo sovrano”.

 Dopo l’agglomerato “urbano” di Corniglio, dopo la piccola Sivizzo, dopo la presuntuosa Grammatica, la strada ha infatti un breve timore sotto l’imponenza di un dirupo. Groppo sovrano, appunto, affascinante e spaventevole di massi in bilico e colori violenti: muschi, gracidii e sassi, dove dimorano le aquile. E’ proprio il loro, e di falchi e di poiane, il volo largo e tranquillo che è lassù, “all’occhio levato”. Poco oltre, il paese, Casarola. Case e stalle, il monte Aguzzo e il monte Orsaro, un verde umile e dimesso (ma che per questo intimidisce), i boschi e la poesia.

 La casa di Attilio è quasi alla sommità: vetrate, pietre, scalette, per scendere tra le stanze, protette da un prato che è quasi all’altezza dei tetti. Era già casa sua quando ancora non vi giungeva la strada asfaltata: la prima auto si ricorda qui solo nel 1957. Un ritardo, chissà, forse anche per le non eccessive smancerie con la vicina Grammatica (presuntuosa Grammatica…). Dal 30 marzo 1530, il paese (che ora ha un imponente santuario) “festeggiò” infatti lo smembramento dalla parrocchia di Casarola. La felicità degli abitanti si tradusse in una simpatica leggenda per cui furono loro stessi a costruirsi la chiesa (consacrata nel 1564), portando ognuno un sasso nella parte più alta del paese, tornando la sera dal lavoro. Ma anche la chiesa di Casarola ricorda, nel bel riassetto del loggiato, quel secolo. Una chiesetta che è più giù, lungo la strada che si addentra nella parte bassa del paese, “all’occhio chinato” come l’erica e i cardi. E attorno gli stessi, diversi boschi, con la loro tragica ombra di verità della finzione cinematografica di Bernardo; e con l’assoluta verità dei versi belli e finti di Attilio.

 Ma di solito si abita più giù…

 “…Tu non potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio. Pòrtati / più giù presso i frutteti selvatici, i rossi sorbi / e la gente che lavora a distanza di valli sotto / il cielo che si annuvola, lana follata, il sole / al suo tramonto gravante di rose caduche / la coperta approntata / per la notte.”

 

                                  Rita Guidi

 

 Casarola dista circa 70 Km da Parma, e si raggiunge procedendo da Langhirano verso Corniglio e da qui verso Sivizzo e Grammatica.  Situata nel territori tra Corniglio e Monchio, il piccolo paese si adagia in una zona appenninica tra le piu' visitate da escursionisti e amanti della montagna, anche perché qui i monti raggiungono le altezze maggiori. E' infatti questo il famoso crinale dei laghi, dagli aspetti decisamente alpestri ; solo verso Ovest i profili generalmente si addolciscono con l’aumentare della copertura boschiva.

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