Un
bosco è un bosco. E invece no: ricordi e anima ne fanno altro, luogo e stagione
diversa ad ogni istante. C’è un solo verde, adesso, sull’Appennino
parmigiano; e non ve saranno altri (non così). Diverso dal bosco, seppure lo
stesso, immortalato dai tanti ciak de “La tragedia di un uomo ridicolo” nel
1981, a Casarola, da Bernardo Bertolucci.
Bernardo, e non Attilio, che ha rivoluto
l’ombra dei suoi castagni di ragazzo, fotografata dalle luci di Carlo Di Palma.
Bernardo eppure Attilio: perché Casarola è sua.
“Qui all’occhio chinato erica e cardi / e all’occhio levato i falchi e il sole./ Tu non potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio…”
E’ vero.
In questo stralcio poetico dal “Viaggio d’inverno” dello scomparso poeta, si
condensa la sensazione mille volte provata di insopportabile intensità, che
avvolge i viaggiatori dell’Appennino. Sensazione non troppo rara e spesso
solitaria, più frequente inseguendo proprio questo suo paese che ha come
ingresso il “groppo sovrano”.
Dopo
l’agglomerato “urbano” di Corniglio, dopo la piccola Sivizzo, dopo la
presuntuosa Grammatica, la strada ha infatti un breve timore sotto l’imponenza
di un dirupo. Groppo sovrano, appunto, affascinante e spaventevole di massi in
bilico e colori violenti: muschi, gracidii e sassi, dove dimorano le aquile. E’
proprio il loro, e di falchi e di poiane, il volo largo e tranquillo che è
lassù, “all’occhio levato”. Poco oltre, il paese, Casarola. Case e stalle, il
monte Aguzzo e il monte Orsaro, un verde umile e dimesso (ma che per questo
intimidisce), i boschi e la poesia.
La casa
di Attilio è quasi alla sommità: vetrate, pietre, scalette, per scendere tra le
stanze, protette da un prato che è quasi all’altezza dei tetti. Era già casa
sua quando ancora non vi giungeva la strada asfaltata: la prima auto si ricorda
qui solo nel 1957. Un ritardo, chissà, forse anche per le non eccessive
smancerie con la vicina Grammatica (presuntuosa Grammatica…). Dal 30 marzo
1530, il paese (che ora ha un imponente santuario) “festeggiò” infatti lo
smembramento dalla parrocchia di Casarola. La felicità degli abitanti si
tradusse in una simpatica leggenda per cui furono loro stessi a costruirsi la
chiesa (consacrata nel 1564), portando ognuno un sasso nella parte più alta del
paese, tornando la sera dal lavoro. Ma anche la chiesa di Casarola ricorda, nel
bel riassetto del loggiato, quel secolo. Una chiesetta che è più giù, lungo la
strada che si addentra nella parte bassa del paese, “all’occhio chinato” come
l’erica e i cardi. E attorno gli stessi, diversi boschi, con la loro tragica
ombra di verità della finzione cinematografica di Bernardo; e con l’assoluta
verità dei versi belli e finti di Attilio.
Ma di
solito si abita più giù…
“…Tu non
potrai durare / a così grande splendore di metalli e silenzio. Pòrtati / più
giù presso i frutteti selvatici, i rossi sorbi / e la gente che lavora a
distanza di valli sotto / il cielo che si annuvola, lana follata, il sole / al
suo tramonto gravante di rose caduche / la coperta approntata / per la notte.”
Rita
Guidi
Casarola
dista circa 70 Km da Parma, e si raggiunge procedendo da Langhirano verso
Corniglio e da qui verso Sivizzo e Grammatica.
Situata nel territori tra Corniglio e Monchio, il piccolo paese si
adagia in una zona appenninica tra le piu' visitate da escursionisti e amanti
della montagna, anche perché qui i monti raggiungono le altezze maggiori. E'
infatti questo il famoso crinale dei laghi, dagli aspetti decisamente alpestri
; solo verso Ovest i profili generalmente si addolciscono con l’aumentare della
copertura boschiva.
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