I capelli degli angeli: ricciuti sempre, teneri e rigonfi, ma anche, a volte, spettinati o incollati alla testa.
Potete farvene un'idea entrando nella
suggestiva chiesa dai mille nomi che è proprio in fondo a via Farini, a Parma:
è l'Addolorata, la chiesa delle Cappuccine o del Bambin Gesù, ma più di tutti
suo è il nome nel quale è sorta, Santa Maria degli Angeli.
I
capelli degli angeli sono ricciuti e tanti: Giovan Battista Tinti dedica
quattordici giorni, nell'agosto 1588, a dipingere numerosissime teste per
affrescare questa cupola. Un giorno intero per lo Spirito Santo, un altro
giorno per il volto della Vergine... Centotredici giorni complessivi per
realizzare questo affollato paradiso, ispirandosi in parte (così le più recenti
interpretazioni dei critici) alla cupola correggesca del Duomo .
C'è
infatti una vicina ma più raccolta suggestione, entrando qui. La luce rubata
dai colori e dai marmi; la penombra, che invita al silenzio e allo sguardo,
cosi diversa dalla serena dolcezza chiara della facciata e del cortiletto
esterno, educatamente rinascimentale.
Le
colonne di granito intenso, rotte solo dal folto dei capitelli chiari, non un
attimo di spazio se non quello sottratto dal tempo nelle navate e nelle pareti
affrescate, comunicano subito suggestione e storia. Secolare: il 12 agosto del
1569 la chiesa (costruita lo stesso anno) è consacrata sul luogo dove già
sorgeva una miracolosa immagine della Madonna.
Senza angeli, come, dapprima, anche l'interno di questo tempio,
progettato così da Gian Francesco Testa.
Sarà
sempre lui a suggerire le prime modifiche ed ampliamenti, in difesa del suo
progetto originario contro quanti chiedevano per la miracolosa Madonna una
collocazione più degna e ben visibile.
Nel 1587
l'ampliamento è finito ma le pareti vuote. È a questo punto, abbiamo detto, che
arrivano gli angeli: sulla cupola del Tinti, prima, ma ben presto in tutte le
navate, ad opera, attenzione, dei fratelli Bernabei, e non di Giovanni Maria
Conti come si supponeva.
Un'attribuzione di recente documentata e che
dunque conferma almeno due secoli di sospetti. Il clima di questo Paradiso va
già abbracciando una nuova sensibilità, vicina al Seicento e ai maestri
bolognesi, pur senza dimenticare le radici (Correggio, Parmigianino...)
Una
sintesi, come sottolineano critici e studiosi, tra la compostezza classica,
l'eleganza, il naturalismo e il sentimento religioso.
Con
questo spirito si tracciano i soggetti, non di rado suggeriti dagli umanisti o
dagli eruditi del tempo: la storia della Madonna o quella di Cristo, chiudono
anche cronologicamente gli affreschi di Santa'Maria (oggi) Addolorata, alla
fine del 1629. Nemmeno dieci anni dopo, occorrerà gia' qualche restauro in quello
che è ormai un affresco totale. I più recenti, invece, risalgono già a una
quindicina d’anni fa, e hanno restituito tutto l'incanto della chiesa quando
ancora portava il suo primo nome.
Una cura necessaria: i capelli degli angeli, si
sa, sono delicati.
Rita Guidi
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