E’ in questo ignoto
che abitano i timori e la bellezza. Nuove frontiere di una verità che assorbe
le trincee della conoscenza per fondersi in una e una soltanto. Traguardo
inesatto che non sfugge a chi, tra i fisici “esitanti sull’orlo
dell’inconoscibile” (per dirla con Primo Levi), possiede una più fine
sensibilità.
E’ questo il caso di
Carlo Rovelli, ed è per questo che il suo “Sette brevi lezioni di fisica”
(Adelphi, 88 pagg., 10 euro) è un autentico caso. Perché svettare nelle
classifiche di vendita con un saggio che spazia dalla Teoria della Relatività
alla Fisica delle Particelle è tanto meritato quanto inconsueto.
E la risposta, come spesso
accade, è nel perfetto equilibrio tra profondità e leggerezza; in un contenuto
dal fascino irresistibile, complesso, disarmante e in una prosa dolcemente
semplice, come il sussurro di una confidenza, di un segreto.
Non è improprio affermare che costruisce poesia, Rovelli,
spiegandoci l’Universo più piccolo e più grande della materia indagata.
Un’operazione in sette piccoli passi che come primi astronauti ci regala d’un
balzo una tutt’altra visione del reale.
Solo qualche
pennellata di un affresco ancora da costruire, “perché la scienza ci mostra
come meglio comprendere il mondo, ma ci indica anche quanto vasto sia ciò che
ancora non sappiamo”; ma con l’umiltà e la chiarezza che sono propri dei grandi
studiosi, l’autore ci racconta meraviglie e difficoltà di quanto intuito da
Albert Einstein, di un Universo come un grande mollusco inquieto e pulsante
dove il ‘vuoto’ ha la consistenza (misteriosa) della gravità; e della meccanica
quantistica, per la quale invece “il mondo è un pullulare continuo e irrequieto
di cose, un venire alla luce e uno sparire continuo di effimere entità.
Un
insieme di vibrazioni, come il mondo degli hippy degli anni Sessanta. Un mondo
di avvenimenti, non di cose”. Posizioni contrastanti, schizofreniche, ma che
funzionano su ciò che sappiamo della materia: quella “dei sorrisi dei ragazzi
alle feste, e del cielo nero e stellato la notte”…
La sfida più bella
sarà ora comprendere, unire. Perché “questo mondo strano, variopinto e
stupefacente che esploriamo, dove lo spazio si sgrana, il tempo non esiste e le
cose possono non essere in alcun luogo, non è qualcosa che ci allontana da noi:
è solo ciò che la nostra naturale curiosità ci mostra della nostra casa. Della
trama di cui siamo fatti noi stessi”. “... siamo tutti nati dal seme celeste”.
E’ così che Rovelli ci porta a Lucrezio.
P.S.
E per chi volesse 'avvicinarsi' oltre le pagine di questo libro (cui aggiungiamo senz'altro quello di Marco Delmastro "Particelle familiari"), alle affascinanti frontiere di questa conoscenza, corre l'obbligo un viaggio per visitare il CERN di Ginevra, Come? Ecco qualche utile info:
http://www.borborigmi.org/2012/01/26/vademecum-per-venire-a-visitare-il-cern/
E per chi volesse 'avvicinarsi' oltre le pagine di questo libro (cui aggiungiamo senz'altro quello di Marco Delmastro "Particelle familiari"), alle affascinanti frontiere di questa conoscenza, corre l'obbligo un viaggio per visitare il CERN di Ginevra, Come? Ecco qualche utile info:
Non sapevo che si potesse visitare il Cern, grazie Rita! Cesare
RispondiEliminaSi si! E se posso aggiungere un ulteriore consiglio: meglio accordarsi (se le date scelte lo consentono) per avere una guida che parli italiano. Anche conoscendo bene inglese o francese si apprezza ancora di piu'...;)
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