Quattrocento
stanze. E il sussurro di una storia contesa tra eleganza e follia. Reggia di
Colorno: lo splendore del Seicento avvitato su un tessuto ancora più antico. Profilo
che addita immediato agli orizzonti di Versailles…il palazzo…il giardino…e cioè
uno spettacolo. Del resto fu proprio Luisa Elisabetta, moglie di Filippo
Farnese ( che al contrario del fratello fece di Colorno la sua residenza
principale) e figlia del Re di Francia Luigi XV, che volle un tale splendore per l’intero complesso. Nel Trecento
semplice baluardo militare, nel Cinquecento, con la contessa Barbara di
Sanverino, dimora signorile, inizia ad assumere un profilo di grandezza con
l’ausilio dell’architetto Ferdinando Galli Bibbiena (dopo la confisca dei beni
della contessa da parte di Ranuccio Farnese, nel 1612). Furono quelli gli anni
in cui l’edificio assunse l’aspetto attuale. Ma il tocco grandioso fu opera di
Babette che all’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot affidò
l’incarico di ristrutturare il palazzo. Per questo furono chiamate maestranze
francesi che insieme agli artigiani di corte trasformarono gli interni della
Reggia fino a renderli simili a quelli che la duchessa aveva conosciuto a
Versailles.
E
prima che tutto questo diventasse follia. Perché passeggiando in queste stanze
ora sbiancate dell’antica bellezza, si avverte già il pugno nello stomaco degli
eventi, quando si sale verso le stanze volute discoste già da Ferdinando.
Timoroso degli echi rivoluzionari d’oltralpe, si fa approntare un appartamento
dalla facciata anonima e modesta, anche se rallegrata da un delizioso, elegantissimo
osservatorio astronomico. Un gioiellino di bifore, meridiane e rose dei venti,
dal quale però si scorge l’ombra lugubre del diroccato manicomio. Già abitazione
di chi ne fu direttore, questi antichi appartamenti – ora restituiti al
visitatore – hanno del resto subito l’oltraggio dell’abbandono: i pipistrelli
come unici abitanti di quel meraviglioso osservatorio…
Follia,
certo, come quella che aleggia nelle stanze svuotate, adibite anche quelle a ‘luogo
di cura’… Quattrocento. Ora in parte ritrovate. Come lo splendido salone che
affaccia sul parco. Trionfo di luce e di eleganza, cornice di bellezza fragile:
perché ora in mostra ci sono le porcellane preziose (Limoges…Meissen…) che
sfioravano dita coronate e che ora adornano cene ufficiali al Quirinale. Altro
tesoro custodito e da custodire come un monito contro ogni follia.
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