martedì 13 luglio 2021

QUELLA PALESTRA E' UNA FORTEZZA - QUATTRO PASSI NEL VERDE DELLA CITTADELLA DI PARMA di Rita Guidi

 


  La città corre sui bastioni. Ma è una battaglia pacifica quanto la fortezza che la accoglie. Perché si scrive Cittadella, ma si legge palestra a cielo aperto; appuntamento irrinunciabile per chi esibisce le scarpette più nuove sotto un fisico non troppo asciutto, o invece  glutei perfetti sotto magliette consunte. Pentagono di antiche mura che oggi proteggono una moderna idea di verde, così come ieri inventavano una voglia necessaria di forza e di potere.

 Inventavano, perché qui non si è mai combattuto, sparato, cannoneggiato o colpito. E forse anche per questo non sorprende che oggi questo sia un gioioso e frequentatissimo parco; luogo dove si suda (ma per sport) tra le feritoie affogate dal verde, e le bocche dei cannoni sono solo un cimelio curioso accanto all’ingresso, tra le macchine in parcheggio.

 Una fortezza ideale? Certo. Nelle (altre) intenzioni doveva essere proprio così. Figlia del Rinascimento, di quel Cinquecento che scopre e guarda al potere incarnato dal Principe di Machiavelli, la Cittadella fu voluta dal Duca  Alessandro Farnese, gran capitano e governatore delle Fiandre, sul finire di quel secolo. Realizzazione di un desiderio che era già del nonno Pier Luigi, il quale infatti si era già impadronito di quest’area nel 1546. Smantellata la chiesa gotica e il convento della SS. Annunciata di Porta Nuova dei Frati minori francescani, che qui sorgevano, i lavori (i lunghi lavori che ebbero inizio nel 1591) vengono affidati agli ingegneri ducali Giovanni Antonio Stirpio de' Brunelli e Genesio Bresciani, ma con la più che attiva collaborazione di Smeraldo Smeraldi.

 L’ispirazione? Certo deriva dal castello di Anversa di Francesco Paciotto. Ma la radice è più profonda. Nutrita dal terreno più esatto del Rinascimento: l’uomo (il Principe, il Cortegiano…) deve essere ideale? Lo sarà allora anche la sua città. E lo sarà in obbedienza agli (di nuovo) ideali del riscoperto Vitruvio, e delle sue accentuate geometrie.

 Razionalità, proporzionalità. Pentagono. La Cittadella è un grande pentagono, frutto anche degli sviluppi dell’ingegneria militare dell’epoca, certo. Ma è un pentagono non solo perché è la figura che essi preferivano, ma perché è stella per eccellenza, immagine antropomorfica. Testa, mani e piedi di quell’uomo che doveva essere un piccolo, perfetto (micro)cosmo.

 Pazienza, allora, se mai da questi bastioni si sparò. Con le bocche da fuoco rivolte verso la città, anzi, volle essere forse fin da principio immagine di prestigio per i Farnese. Simbolo di una forza possibile ma mansueta.

 Anche l’ingresso principale, del resto, si apre alla città. Un bel manufatto che ancor adesso si può ammirare, progettato da Simone Moschino (1596), ed eseguito da Giovan Battista Carra.

 Resta anche un naturalmente successivo ritratto in bassorilievo del conte Neipperg, entrando a destra sotto il portico d'accesso (forse opera del Bandini).

 E ovviamente i bastioni. Alti, oltre le rampe di verde che nello spazio a terra ospitano campi di calcio o di basket e giochi per i bimbi, alberi e tavoli per chiacchierare o smazzare le carte. Alti, e come un pentagono ( a forma di uomo?) sul quale tanti uomini oggi corrono, per esibire o cercare (anche se solo nel corpo) un profilo ideale. Destino (forse) di un luogo.

 

                                           Rita Guidi

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