domenica 21 agosto 2016

VIAGGIO A VENEZIA - testo di Rita Guidi, foto di Niccolo' Zanichelli



La Serenissima è inquieta.

Ai giorni torbidi  d’agosto, si offre insofferente e docile, nel suo splendore maestoso. Tra mandrie di turisti disordinati e cenni d’allarme (o tempora o mores, certo, ma anche l’eterna condanna alla maleducazione e alla stupidità), Venezia ha eletto a Doge la Pazienza. Ed è così che sorregge chi la ama davvero: con un invito più attento ad ampliare lo sguardo. Perché se il climax è Piazza S.Marco, occorre allontanarsene e centellinarla, non fosse altro che per ammirarla di più. Appena oltre, del resto, appena prima, non c’è che da scegliere la direzione per trovare altra bellezza. 
Curioso: sul Canal Grande c’è da sgomitare, mentre nell’immensità mistica della Basilica dei Frari non arriviamo a una dozzina… 
 Eppure è un trionfo d’arte, questa ‘quasi’ cattedrale: senza dire del gioco sontuoso degli spazi (e del sipario  magistrale del coro ligneo), ecco il Tiziano con l’Assunta e la pala Pesaro, uno straordinario trittico del Bellini, e poi il sepolcro elegantissimo e cupo dedicato al Canova e di fronte l’omaggio marmoreo e tardivo allo stesso Tiziano, morto di peste in solitudine…
A far bella Venezia basterebbe l’arte che si incontra qui, e invece è un tripudio di scorci, di Chiese (che dire del moderno bagliore del Gugghenheim, o della rotonda emozione della Salute…o del piacere suggestivo di un cicchetto a Cannaregio... o di un hotel di charme tra bellezza e silenzio …), di calli furtivi, sottratti alla superficialità della folla. Che si riversa continua negli stessi luoghi, come da antichi ‘vomitoria’. 
Lo spettacolo è qui, certo. Ma è come entrare alla scena finale, per chi arriva e riparte in autostrada. 
Se qualcuno avrà scelto il piacere antico della lentezza, il sipario si sarà aperto sul preludio impareggiabile delle Ville palladiane. 

appena oltre Vicenza
densa di echi letterari 
(la valle del silenzio di Fogazzaro) 
e di leggende,
interamente affrescata dal Tiepolo… 

E ad un passo, LaRotonda, del Palladio: per comprendere cosa sia la perfezione, l’equilibrio formale ed etico, la divina semplicità della bellezza.
O, appena fuori la laguna, adagiata sulle dolci rive del Brenta, la Malcontenta (di nuovo solo noi, e tre cicloturisti tedeschi…) abbracciata dal parco morbido e secolare.


 E ancora la maestosità solenne e preziosa di Villa Pisani: dimora immensa che gioca a specchiarsi nella superba bellezza delle scuderie, in prospettiva esatta, oltre l’acqua, il verde e il parco senza fine.
Un labirinto, una ghiacciaia, una serra, un aranceto, un tempietto… e il gioco dei fauni che affiorano nel verde, parlano di un mondo dove l’arte si confonde con i giorni e con la vita (D’Annunzio, non a caso…). Di saloni che culminano nell’immensa sala affrescata dal Tiepolo, ancora vibrante dell’eco di balli, di riflessi dorati…
Del resto Re e Zar, Dogi e Imperatori (il letto di Napoleone, lo studio di Eugenio di Beauharnais, vicerè d'Italia), hanno attraversato e vissuti questi luoghi.  
Oggi siamo in tre (anzi no in sei: una famigliola spagnola sta passeggiando più in là), in questo che è stato eletto il Parco più bello d’Italia.

Il Brenta scorre placido, l’autostrada invece caotica: si segnalano code da e per Venezia. Anzi, per piazza S. Marco. Che ha eletto a Doge la Pazienza: del resto l’autunno, presto, arriverà.

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