La Serenissima è inquieta.
Ai
giorni torbidi d’agosto, si offre
insofferente e docile, nel suo splendore maestoso. Tra mandrie di turisti
disordinati e cenni d’allarme (o tempora
o mores, certo, ma anche l’eterna condanna alla maleducazione e alla
stupidità), Venezia ha eletto a Doge la Pazienza. Ed è così che sorregge chi la
ama davvero: con un invito più attento ad ampliare lo sguardo. Perché se il
climax è Piazza S.Marco, occorre allontanarsene e centellinarla, non fosse
altro che per ammirarla di più. Appena oltre, del resto, appena prima, non c’è
che da scegliere la direzione per trovare altra bellezza.
Curioso: sul Canal
Grande c’è da sgomitare, mentre nell’immensità mistica della Basilica dei Frari
non arriviamo a una dozzina…
Eppure è un trionfo d’arte, questa ‘quasi’
cattedrale: senza dire del gioco sontuoso degli spazi (e del sipario magistrale del coro ligneo), ecco il Tiziano
con l’Assunta e la pala Pesaro, uno straordinario trittico del Bellini, e poi
il sepolcro elegantissimo e cupo dedicato al Canova e di fronte l’omaggio
marmoreo e tardivo allo stesso Tiziano, morto di peste in solitudine…
A far bella Venezia basterebbe
l’arte che si incontra qui, e invece è un tripudio di scorci, di Chiese (che
dire del moderno bagliore del Gugghenheim, o della rotonda emozione della
Salute…o del piacere suggestivo di un cicchetto a Cannaregio... o di un hotel di charme tra bellezza e silenzio …), di calli furtivi,
sottratti alla superficialità della folla. Che si riversa continua negli stessi
luoghi, come da antichi ‘vomitoria’.
Lo spettacolo è qui, certo. Ma è come
entrare alla scena finale, per chi arriva e riparte in autostrada.
Se qualcuno
avrà scelto il piacere antico della lentezza, il sipario si sarà aperto sul
preludio impareggiabile delle Ville palladiane.
densa di echi letterari
(la valle del silenzio di
Fogazzaro)
e di leggende,
interamente affrescata dal Tiepolo…
E ad un passo, LaRotonda, del Palladio: per comprendere cosa sia la perfezione, l’equilibrio
formale ed etico, la divina semplicità della bellezza.
O, appena fuori la laguna, adagiata
sulle dolci rive del Brenta, la Malcontenta (di nuovo solo noi, e tre
cicloturisti tedeschi…) abbracciata dal parco morbido e secolare.
E ancora la
maestosità solenne e preziosa di Villa Pisani: dimora immensa che gioca a
specchiarsi nella superba bellezza delle scuderie, in prospettiva esatta, oltre
l’acqua, il verde e il parco senza fine.
Un labirinto, una ghiacciaia, una
serra, un aranceto, un tempietto… e il gioco dei fauni che affiorano nel verde,
parlano di un mondo dove l’arte si confonde con i giorni e con la vita
(D’Annunzio, non a caso…). Di saloni che culminano nell’immensa sala affrescata
dal Tiepolo, ancora vibrante dell’eco di balli, di riflessi dorati…
Del resto Re e Zar, Dogi e
Imperatori (il letto di Napoleone, lo studio di Eugenio di Beauharnais, vicerè
d'Italia), hanno attraversato e vissuti questi luoghi.
Oggi siamo in tre (anzi no in sei:
una famigliola spagnola sta passeggiando più in là), in questo che è stato
eletto il Parco più bello d’Italia.
Davvero bello!
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