venerdì 24 dicembre 2021

ALL'OMBRA DEI FARAONI - APRE A PARMA LA SALA EGIZIA NEL NUOVO MUSEO ARCHEOLOGICO a cura di Rita Guidi

 



Dal 22 dicembre la visita alla Pilotta si arricchisce di un nuovo percorso, grazie all’apertura della cosiddetta “Ala Nuova” del Museo Archeologico, una delle sezioni museali più innovative della museologia italiana contemporanea. La parte dell’edificio costruita a cavallo tra Otto e Novecento viene finalmente riaperta al pubblico svelando tesori e spazi mai visti: la “Sala ceramiche” dominata da un maestoso soffitto a cassettoni occultato alla vista negli anni Cinquanta da un enorme piano in calcestruzzo e ora meticolosamente restaurato, le Sale egizie, create ad imitazione delle tombe ipogee dei faraoni, trasformando in spazi museali aree precedentemente adibite a uffici. Il tutto per un percorso unico e spettacolare alle collezioni antiquarie del ducato parmense, ovvero dedicato alle acquisizioni di antichità provenienti dal mondo intero e non dal territorio, avvenute tra sette e novecento.

Sotto la direzione di Simone Verde, dal 2017 il Complesso Monumentale della Pilotta, uno degli istituti più importanti d’Europa che si snoda per circa 40.000 metri quadri espositivi nel cuore di Parma, è oggetto di una titanica opera di restauro, riconcepimento e riallestimento finanziata con fondi del Ministero della Cultura. Se tra il 2018 e il 2021 sono state aperte circa 10 nuove sezioni tra cui la Sala del Trionfo, dedicata alle arti decorative, l’Ala Farnese, dedicata all’arte a Parma nel ‘500, l’Ala ovest, dedicata alla pittura italiana dalle origini al 1500, la Rocchetta con il suo Ottocento e il Mito di Correggio, un nuovo importantissimo tassello si aggiunge ora con l’Ala Nuova del Museo archeologico, prefigurazione del rifacimento totale delle collezioni di antichità previsto tra circa nove mesi. Un’opera titanica, come detto, che si concluderà nel 2022 e che vedrà nella mostra sulle Collezioni Farnese la sua più alta celebrazione dacché questa mostra, riportando a Parma i capolavori da cui sono nate le collezioni della città nello stesso momento della conclusione dei cantieri in corso, celebrerà la rinascita e la rinascita del l’immenso Palazzo e dei suoi tesori.

Numerose sono le tappe a venire sulla strada della conclusione di questo progetto: dopo l’apertura natalizia dell’Ala Nuova, a gennaio è prevista quella del nuovo Museo Bodoniano, il più antico museo europeo della stampa, collocato nel cuore di un’ala tutta nuova della Biblioteca Palatina a firma di Guido Canali e ottenuta tramite la chiusura e la riqualificazione di uno spettacolare portico a tre navate finora estremamente  degradato; a Febbraio l’inaugurazione dell’Ala Ovest e dell’Ala Nord -occupate dalla Galleria- completamente rinnovate, che ospiteranno una sezione tutta nuova sulla pittura Fiamminga le cui opere, circa una cinquantina, sono state in gran parte sottoposte a restauro e verranno messe in relazione all’arte manierista del ducato, nonché le sale dedicate alla pittura italiana ed europea del Sei e del Settecento; a fine marzo, infine, l’apertura della mostra sulle collezioni dei Farnese che segnerà la fase conclusiva che porterà all’inaugurazione generale della Nuova Pilotta.

L’Ala Nuova è il frutto di tre cantieri paralleli: la creazione di una nuova sala ceramiche, la realizzazione di una sezione interamente dedicata alle collezioni egizie del ducato, raccolte in particolar modo sotto la ducea di Maria Luigia ed il restauro delle facciate di pertinenza disegnate dall’architetto di corte, uno dei più importanti del neoclassicismo europeo, Ennemond Alexandre Petitot sul Cortile della Cavallerizza.

Nella Sala ceramiche gli interventi di ripristino e di riqualificazione del possente, elegante soffitto ligneo a cassettoni, di restauro e di riposizionamento del lungo tavolo ligneo su cui era esposto il Trionfo da Tavola, ritrovato in stato d’abbandono in uno dei depositi della Galleria Nazionale, hanno permesso di restituire al pubblico, in un adeguato contesto espositivo, le pregevoli collezioni greche, etrusche, italiche e romane del Museo. Le ceramiche, acquistate nell’Ottocento per il Museo Ducale dal direttore del museo Lopez per dotare il museo di un campionario delle produzioni ceramiche greche e italiche, sono esposte in forma unica al mondo e spettacolare, collocate singolarmente o a piccoli gruppi, in ordine cronologico, entro teche di vetro poggiate sul tavolo, riprendendo la conformazione originaria della sala e ispirandosi liberamente - dal punto di vista estetico e concettuale – alla celebre Sala Etrusca realizzata nel 1855 da Palagio Palagi per il Re Carlo Alberto di Savoia al castello di Racconigi.

Nelle quattro vetrine a muro collocate sulla parete nord sono esposti una notevole sequenza di bronzi (un elmo, due brocche, una cista, una Vittoria alata e due piccole sfingi), le collezioni luigine di bronzetti etrusco italici, ex-voto in terracotta e specchi etruschi, un'urna cineraria chiusina in terracotta, in un allestimento che valorizza le caratteristiche tipologiche, i temi trattati nelle raffigurazioni, e le tecniche di decorazione. Al centro della parete sud della Sala rifulge una quinta vetrina che ospita il bassorilievo, fondo di bacile, raffigurante la divinità Oceano. Quattro statue sono collocate fra le cinque finestre che si affacciano sul Lungoparma, mentre sul lato opposto, fra le due porte, sono collocati una testa e cinque busti; statue e busti, così come i leoni di età romana posti all’ingresso del museo, sono recentemente stati oggetto di un intervento di pulitura e di restauro finanziati dal Lions Club Parma Host.

Proseguendo il percorso, ecco la Sala egizia. Gli importanti reperti della collezione egizia qui riuniti sono accompagnati da un apparato informativo che consente di capirne storia, significato e vicende. Il tutto in un ambiente immersivo che evoca le camere funerarie da cui questi millenari reperti provenivano. Attraversando un corridoio con il soffitto ribassato che allude al percorso nel ventre della terra che caratterizza le necropoli di Luxor, il visitatore si troverà all’interno di due sale dove, in teche appositamente concepite e in nicchie, potrà apprezzare i corredi funerari, i bellissimi sarcofagi e la mummia della collezione parmense. Reperti di cui è programmato a breve un intervento di restauro condotto in loco dagli specialisti, alla presenza dei visitatori.

Quanto ai singoli documenti e reperti, la nuova Sezione Egizia si apre con alcuni lavori (testi e tavole) dell’egittologo Ippolito Rosellini, giovane collega di Jean François Champollion durante la spedizione franco toscana in Egitto nel 1828, finanziata da re Carlo X di Francia e dal granduca Leopoldo di Toscana. La spedizione toccò tutti i grandi luoghi dell’Egitto faraonico e produsse un’enorme quantità di documenti, copie di testi geroglifici, disegni e casse di antichità. Rossellini prima e gli eredi di Champollion poi pubblicarono il resoconto di quella spedizione accompagnandolo con grandi tavole a volte acquerellate e i primi fascicoli dell’opera vennero donati alla nascente biblioteca del Museo di Antichità dalla duchessa Maria Luigia e oggi sono esposti accanto al papiro di Amenothes, acquisito dal Museo nel 1830.

Alla riqualificazione degli spazi interni di quest’Ala Nuova, corrisponde il rifacimento e il restauro dei prospetti esterni, in questo caso di una delle facciate neoclassiche più importanti d’Italia nonché del giardino su cui affaccia, ricavato sulle rovine dell’antica cavallerizza ducale. Un vero e proprio suggello alla ricomposizione dell’ala nuova che, se non fosse per la vastità del Palazzo e del Complesso della Pilotta, potrebbe costituire altrove un museo a sé.

 

 

Modalità di visita

 

Per le scuole ingresso gratuito dalle ore 8.30 alle 10.30 con prenotazione obbligatoria entro il giorno precedente all’indirizzo cm-pil@beniculturali.it

Visite accompagnate per gruppi costituiti da massimo 25 visitatori con cadenza oraria alle ore

10.30-11.30-12.30-13.30-14.30-15.30-16-30-17.30

Dal 4 gennaio l’ingresso alla nuova ala del Museo Archeologico avverrà dal Lungoparma.

Costo del biglietto: 5 €

venerdì 10 dicembre 2021

IL NOVECENTO AI MAGAZZINI DEL SALE - a cura di Rita Guidi

 



E' stata inaugurata mercoledì 8 dicembre la mostra “Inedito Novecento. L'arte nella collezione Breganze da Mario Mirko Vucetich a Filippo De Pisis”, nella cornice dei Magazzini del Sale a Cervia e organizzata dall'associazione Italia Libertya cura di Andrea Speziali.

Sarà visitabile fino a domenica 26 dicembre 2021.

 

Sono esposti inediti capolavori del Novecento tra dipinti, sculture e disegni di artisti come Mirko VucetichNeri PozzaFilippo De PisisUmberto Boccioni, Nino Corrado Corazza, Emil Hoppe, Arturo Noci, Leonardo Castellani, Arturo Martini, Antonio Zancanaro, Mario Albanese, Nino Bertocchi, Placido Barbieri, Giuseppe Sommaruga, Silvio Gambini, Nino Maccari, e tanti altri.

 

Una esposizione di circa 150 opere provenienti da tre importanti collezioni: Collezione Fratelli Breganze di Vicenza, Roberto Parenti di Sogliano al Rubicone e Italia Liberty di Rimini. 

 

Quella di Speziali è un’operazione chirurgica nell’Arte del Novecento, proponendo un percorso tra opere rilevanti e poco conosciute se non inedite comprese tra il 1901 al 1980, ma soprattutto un'occasione per riflettere su opere, che meritano un'attenzione critica e di pubblico rinnovata proprio perché narrano alcuni momenti del Novecento italiano, rimasto fino ad oggi poco illuminato. I capolavori esposti apportano un nuovo contributo alla Storia dell'Arte, come nel caso della tela firmata Boccioni, emersa in quella che fu la collezione dell'editore Neri Pozza, benché l'espeto Augusto Monda ha confermato essere il ritratto del fotografo Emilio Sommariva, rappresentando il periodo delle sperimentazioni del Futurismo assieme alle rivelazioni dei pastelli di Mirko Vucetich, che riecheggiano l'opera di Antonio Sant'Elia.

Tra i capolavori in mostra si segnalano cinque dipinti ad olio su tela di Filippo De Pisis con nature morte; il progetto del grande crocifisso al Tempio Internato Ignoto di Padova realizzato da Mario Mirko Vucetich nel 1957; sempre dello stesso autore il bozzetto per l'opera "Il Primo sonno" conservata nei giardini della Biennale di Venezia, "La Pietà" scultura commissionata dalla famiglia Savoia, una serie di ritratti in bronzo di Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli, Goffredo Parise e Umberto Notari, le scenografie di quando lavorò per la RAIi progetti della Partita a Scacchi di Marostica e le illustrazioni del "Primo Libro delle Favole" di Carlo Emilio Gadda; dell'editore Neri Pozza ci sono dei libri illustrati negli anni Cinquanta e per la prima volta disegni e incisioni mai esposte prima. Di particolare bellezza sono i manifesti di grandi dimensioni disegnati e colorati a mano per opere liriche durante il periodo della Belle Epoque.


 


 

ORARI

Lunedì - Giovedì dalle 15:00 alle 19:00

Venerdì dalle 15:00 alle 22:00

Sabato e Domenica dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 22:00

INGRESSO LIBERO


Per visite guidate gratuite e aperture straordinarie scrivere a: info@italialiberty.it

 

INCONTRI IN MOSTRA:

Mercoledì 8 dicembre, 18:00
Incontro con l'esperto AUGUSTO MONDA
Il Futurismo di Umberto Boccioni

Giovedì 9 dicembre, 16:00
Arturo Martini e Gio Ponti, forme e colori
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Sabato 11 dicembre, 18:00
Incontro con l’autore MAURIZIO VANNI
La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza

 

Domenica 12 dicembre, 17:00
NFT. Cryptoarte e Metaverso
Incontro con ANDREA SPEZIALI, KARIM ECHAFI e LORENZO FALEGNAMI

Lunedì 13 dicembre, 18:00
La fotografia da Placido Barbieri a Steve McCurry
Workshop sulla fotografia e conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Martedì 14 dicembre, 17:00
“ Antonio detto "Tono" Zancanaro. Illustratore e hockeista
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

Mercoledì 15 dicembre, 16:00
Leonardo Castellani. Incisore del paesaggio
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Giovedì 16 dicembre, 17:00
Nino Bertocchi e Nino Corrado Corazza. Due ritrattisti a confronto
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Venerdì 17 dicembre, 16:00
La Secessione viennese con Emil Hoppe
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

Sabato 18 dicembre, 16:00
ART NOUVEAU. Architettura, Scultura, Grafica
Conferenza a cura di ANDREA SPEZIALI

 

Domenica 19 dicembre, 17:00
 Mario Mirko Vucetich (1898-1975). Architettura, pittura, scultura, disegno
Presentazione della monografia a cura di ANDREA SPEZIALI

 

Lunedì 20 dicembre, 17:00
Filippo De Pisis. Una vita per l’arte
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Martedì 21 dicembre, 17:00
Neri Pozza. Editore e incisore 
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

 

Mercoledì 22 dicembre, 18:00
Incontro con l’autore GIOVANNI BENAGLIA
Colpevole fino a prova contraria
Discorso attorno al nostro sistema fiscale e al suo trattarci come incalliti evasori

 

Giovedì 23 dicembre, 17:00
 L’architettura Liberty di Giuseppe Sommaruga
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

Venerdì 24 dicembre, 16:00
Silvio Gambini. L'arte di battere il ferro
Conferenza cura di ANDREA SPEZIALI

mercoledì 8 dicembre 2021

IL CIRQUE BIDON NELL'OBIETTIVO DI LUCIO ROSSI - di Stefania Zanardi

 



Con una tempra, una simpatia ed una semplicità disarmante,  Lucio Rossi, fotografo (con la F maiuscola) è tornato a raccontare al pubblico presente storie, aneddoti, esperienze uniche e soprattutto estremamente coinvolgenti. Rossi ha aperto l’incontro ringraziando tutti coloro che l’hanno sostenuto in questa opera fotografica (che è poi molto di più), presentata per l’occasione presso la Galleria Mazzocchi che ha fortemente voluto ospitare l’ iniziativa.

Parte da lontano Lucio Rossi: le sue origini parmigiane dall’Oltretorrente (zona verace della città), la sua somiglianza – a detta di molti- con Giuseppe Verdi, la collaborazione con le due figlie, in particolare Sivia che ha condiviso in toto col padre questa esperienza, l’amore per la FOTOGRAFIA a 360o!

L’occasione della serata, la presentazione del testo “Cirque Bidon volti del circo”,un’ opportunità per i presenti di conoscere, gustare ed apprezzare quanto di meglio gira e vive attorno al mondo circense fondato da Francois “Bidon”Raulin di cui Rossi ha sviscerato ogni attimo condiviso con la compagnia.

E via, si parte. Le Cirque Bidon nasce dalle 3 grandi passioni di Francois : Amore, Amicizia, Anarchia. Francois,che ha vissuto il Maggio Parigino con impegno e passione, scopre ben presto che non avrebbe trovato  in quel mondo la maniera di esprimere se stesso e quindi che fa? Vende la sua moto, acquista un cavallo, recupera una vecchia carrozza ed inizia a trainare i cavalli. A tutt’oggi questa è la sola realtà circense a possedere tali caratteristiche.

E' così che Lucio e la figlia Silvia si uniscono al gruppo per una tournée di ben 4 mesi fermandosi in diverse località romagnole, condividendo ogni azione, difficoltà , successo e sensazioni con la troupe. Tanti gli aneddoti che Rossi rivela, intrecciati con ricordi, esperienze ed eventi storici: l’artista sottolinea l’importanza di Parma nel mondo fotografico nell’800, i grandi nomi che sono passati ed hanno operato nella nostra città, la loro difficoltà nel riprendere luoghi, persone, eventi al punto che – ci confessa- alcuni di loro venivano spesso aggrediti dai pittori che temevano di essere soppiantati da questi. Come in effetti, in parte, successe. 

Ma quale è l’accordo che Lucio Rossi “stipula” con Francois ? Dal momento che, lo stesso Francois è solito prendere appunti, scrivere libretti, racconti che parlano- naturalmente- di Circo, chiede a Lucio di immortalare volti ma con uno stile diverso. Come sostiene Rossi, le foto d’autore sono Opere d’arte, né più né meno di un dipinto e pretenderà che il primo scatto ai circensi di turno venga fatto in sala di posa. C’era poi da capire come eseguire questo servizio fotografico, luci, sfondi, colori al punto che, prima di scegliere le foto “buone” Lucio e Silvia hanno fatto dai 25.000 ai 30.000 scatti!

Ma quanta vita in quelle immagini, soprattutto nutrita dalla convivenza con gli artisti del circo: i viaggi e gli spostamenti, il montaggio del tendone, lo spettacolo, il fine spettacolo -momento triste e malinconico-.

Le luci si spengono e le immagini scorrono sullo schermo. 

Ai nostri occhi la foto di un temporale, minaccioso e conturbante allo stesso tempo, l’interno di un circo prima dello spettacolo, visi, corpi ripresi dallo scatto fotografico che mostrano la grande intimità ed amicizia nata tra Lucio Rossi e la troupe. Ritratti singoli, tutti con peculiarità differenti, una giostra di espressività, curiosità ed attrattiva. C’è Fred domatrice di polli, Leo artista, musicista e domatore di cavalli, Camille acrobata, Benjin clarinettista, Manin cavallerizza, Enrico artista a 360o, bresciano colui che ha condotto in Italia il Circo Bidon, Mael funanbolo. Ed ancora Pauline musicista e cantante, Marie dal fisico sinuoso e snodatissimo, Vivienne musicista, Fan Fan tuttofare, Lison tecnica della luce, Renata l’italiana addetta alla biglietteria , Isa la birraia …

Trait d’union” Leonardo Adorni che cura pure la manifestazione “Tutti matti per Colorno”. E se, ad inizio serata, Lucio Rossi ringrazia il pubblico e i collaboratori che l’anno supportato nella sua avventura, a fine incontro saremo noi a ringraziarlo per la bellissima esperienza di viaggio virtuale vissuta insieme.  

                                                                                                Stefania Zanardi

lunedì 22 novembre 2021

ROBI BONARDI MIND AL CUBO - 100 MINUTI DI ROCK di Stefania Zanardi

 



Ubicazione : il CUBO, luogo di incontro, di ritrovo, di eventi, molto “à la page” da qualche anno a questa parte, scelto per una serata all’insegna della Musica Rock  e di ciò che  le gravita attorno, passato, presente, futuro in un contesto che si estende a 360 gradi. Sulla scena (palcoscenico ma non troppo), pannelli con esposti Vinili d’epoca, unici ed indimenticabili, uno schermo grande a sufficienza per riuscire a coinvolgere il pubblico presente.

Motivo della serata? Robi Bonardi Mind, iniziativa che vede (nel backstage) la presenza, l’impegno e la passione di Francisco, Jacopo e Cecilia nel ricordare a Parma e ai parmigiani lo storico DJ .

Il nome dell’evento è: “Rock History, i 100 minuti del Rock”, che viene condotto da Gabriele Medeot, musicista, divulgatore, autore e promotore di vari progetti innovativi.

 Inizia l’avventura. Anno 1965: scorrono sullo schermo riviste, cover di Bands che hanno scritto la storia ; le polveri prendono fuoco (cit. ),si inizia a parlare di rock, di volume acustico,di testi ed avvenimenti storici come la guerra del Vietnam o le prime rivolte giovanili, fatti e fattacci dei quali i dischi parlano e raccontano.

Un esempio? “ Help” dei Beatles, “ Satisfaction” dei Rolling Stones, i disagi dei ragazzi dell’epoca, l’esplosione della Chitarra elettrica ,tutte testimonianze di grandi passaggi epocali.

E, passo a passo, arriviamo gli anni ‘70, definiti la “Cattedrale del Rock” che però ,in quel decennio, vedrà anche la sua fine.

Il conduttore della serata, con un’eloquenza ed una chiarezza invidiabili, si addentra negli eventi e nelle situazioni di quel decennio : austerity, conflitti mondiali, Irlanda del Nord contro Inghilterra, Nixon e una classe politica che non esce certo vittoriosa dalle sue scelte. E la musica ?

Spostandoci a New York si parla del club CBGB, culla iconica del rock rivoluzionario, punto di incontro  per giovanissimi (e altrettanto fragili) musicisti, alcuni dei quali muoiono troppo presto a causa di abuso di alcolici e droghe. 

Arrivano i Deep Purple –  ben 4 dischi in due anni! - i Led Zeppelin e i

Black Sabbath con la loro mitica “Paranoid”,canzone nel cui testo si evidenziano  le paure e le incertezze di quel periodo. Inizia poi a prendere piede la musica “Progressive”, tipica degli anni ‘70, un genere autocelebrativo che, nel corso del decennio vedrà il successo planetario dei Pink Floyd e del loro capolavoro “The Wall”. 

Ma non tutti amano questo genere di musica: nasce quindi uno stile differente, per esempio quello dei Kiss, dove con le loro maschere, vogliono camuffare la loro identità e il fantastico quanto visionario “Sergent Pepper” dei Beatles.

A questo punto arrivano sulla scena Marc Bolan con i suoi T.Rex, estroso musicista che combina musica e moda facendo emergere il Glam, che sarà anche una marcata caratteristica di  David Bowie. Nella sua infinita creatività, darà vita al “personaggio” Ziggy Stardust ed arriverà addirittura a farlo morire sulla scena. Bowie, tra le sue genialità, ha citato tantissimi artisti, colleghi ed è arrivato persino a citare se stesso!

Sempre in quegli anni  arriva l’hard rock degli  ACDC  di Angus Young che pubblicano il loro primo album “ High Voltage”, e subito a seguire “TNT” dischi che saranno punto di riferimento anche negli anni successivi . Verso la fine degli anni 70, emergerà il Punk,  una musica e uno stile distruttivi dove, per essere riconosciuti e ricordati è necessario vivere ai 110 all’ora. Si sta sul palco, capaci o no, musicisti o strimpellatori, cantanti o urlatori poco importa: si tratta spesso di ragazzi disagiati che cercano nella musica una chance proponendo canzoni che evidenziano la tragicità delle loro vite.

 Si fanno strada i Ramones, provenienti dai Queens di New York  e  i londinesi Sex Pistols che hanno il coraggio (o l’incoscienza?) di indossare sul palco magliette con la dicitura “ I Hate Pink Floyd”, in un momento in cui questi ultimi erano una delle band più amate del pianeta e pubblicando nel 1977 il loro primo, unico e provocatorio disco, “Never Mind the bollocks”.

 E’ proprio in questi anni che, anche le donne, entrano a fare parte di questo mondo: Patti Smith, Sacerdotessa del Rock anni ‘80, ne è l’emblema.

Di testi indimenticabili ne è piena la discografia: The Wall, Message in a bottle, Video killed the radio star e, da non sottovalutare, la nascita di MTV-

Un capovolgimento di situazioni e azioni : gli anni ‘80 raccontano un decennio dove gli Stati del mondo non sono (fortunatamente) coinvolti in guerre o dissidi interni, in Inghilterra come primo ministro abbiamo una donna- Margaret Thatcher- e intanto la musica inizia ad essere riprodotta su nuovi supporti, CD, Minidisc etc. 

 Sono gli anni del Concerto Live Aid e della Band Aid di “Do they know it’s Christmas?”, Michael Jackson metterà nero su bianco We are the world, con Lionel Richie e tantissimi altri artisti.

Proprio del Live Aid, il pubblico in sala ha potuto assaporare alcune scene,  supportato dal racconto chiaro e avvincente del conduttore; il concerto- che si svolse in contemporanea a Filadelfia e Londra- vide la partecipazione di tutto il mondo del rock. L’organizzatore Bob Geldof riuscirà a mettere sul palco, tra gli altri, Madonna, David Bowie Phil Collins  i Queen di Freddy Mercury ( che si esibiranno in una strepitosa performance) e gli U2, con Bono sceso tra il pubblico (atto assolutamente illegale in quegli anni) per abbracciare una fan, al punto che questo gesto verrà considerato “un abbraccio del rock al mondo”. Ben 2 miliardi di spettatori seguiranno in tv  questo evento più unico che raro.

Tra cambiamenti, cadute e rinascite gli anni ‘90 sono alle porte. 

1989, caduta del muro di Berlino e il motto del periodo è “The future is in the air”. Negli anni ‘90 arriva il “ Grunge”, che ha più connessioni con la moda ma che darà origine anche ad uno stile musicale ben definito. Una decina i dischi fondamentali di questo periodo, tra essi certamente Achtung baby degli U2, con un suono  decisamente innovativo. Siamo nell’epoca  del Desert Storm, della Guerra in Kuwait, la Cecenia, la guerra dei Balcani, la fine dell’Unione Sovietica. Si riscrivono le mappe geografiche e tutto è in cambiamento.

Anche la tecnologia avanza e contemporaneamente  cambia il modo di fruire della  musica.

Anno 1999, l’industria discografica mostra segni di cedimento e prende sempre più piede la musica liquida. Infatti Steve Jobs rivoluziona la nostra quotidianità creando gli I-pod, dispositivi che permettono di immagazzinare  migliaia e migliaia di canzoni .  La globalizzazione entra a pié pari nella società mentre il nuovo rock ed i suoi creatori si trovano in disaccordo totale con tutto ciò.

Pearl Jam, Nirvana, Soungarden offrono musica e testi con storie autentiche, .  Si parla di Nichilismo, depressione e disagio sociale e familiare ( la scomparsa di Kurt Cobain), una generazione definita “X generation” che non ci sta a vivere la propria esistenza seguendo le regole vigenti.

E’ il momento del Rap e dell’Hip Hop con Eminem, i Beastie Boys, Kanye West. Un genere che esplode e non solo tra il “black pepole “: Eminem, rapper bianco, bullizzato dai ragazzi di colore (un razzismo all’incontrario), finisce in coma e, proprio in quella tragica situazione ,scrive un testo “My name is” raccontando della sua vita, le sue tragedie e le lotte contro il mondo intero. Ora, famoso e con qualche soldino in più, si leva dalle scarpe parecchi  sassolini conquistando comunque grande rispetto e  stima anche dai rapper di colore 

Ed eccoci al finale: si parla di musica didascalica, artisti che raccontano ciò che vedono, legata a volte ad una visione folle del mondo e della vita!

Come termina la serata? Naturalmente col celebre video e di John Lennon e Yoko Ono e la sua “Imagine”, sogno, utopia, speranza, follia?

Unica certezza ; una canzone, anzi un dono di John Lennon indimenticabile.

E, conclude Gabriele Medeot,  di un sognatore quale era Robi Bonardi.

                                                                          Maria Stefania Zanardi

                                                                    (consulenza di  Marco Manfrini)

giovedì 18 novembre 2021

QUANDO IL PURGATORIO E' UN PARADISO D'ARTE - APRE IN PILOTTA LA GRANDE MOSTRA 'UN SPLENDOR MI SQUARCIO 'IL VELO - a cura di Rita Guidi

 


Una grande mostra, due percorsi monografici paralleli se pur fisiologicamente congiunti, la scoperta di una sede magnifica, le Scuderie Ducali appena restaurate e rese sede espositiva della Grande Pilotta. È quanto la Direzione del Complesso monumentale della Pilotta propone, dal 20 novembre al 13 febbraio 2022, nell’ambito del progetto "Dante e la Divina Commedia in Emilia Romagna", un percorso espositivo diffuso che valorizza il patrimonio dantesco di 14 biblioteche e archivi storici in cui l'autore della Commedia, dopo l'esilio, trovò la sua seconda patria.

Il titolo del progetto - Un splendor mi squarciò ’l velo -  tratto dal trentaduesimo Canto del Purgatorio ha ricevuto il prestigioso patrocinio del comitato per le celebrazioni Dantesche. È l’apporto della Nuova Pilotta voluto dal direttore Simone Verde ed è tra quelli di maggiore qualità e che di fatto chiude in grande stile i festeggiamenti in onore del sommo poeta in questo 2021.

A prefigurarne il contenuto della mostra sono le due citazioni del sottotitolo, ovvero “il codice 3285” e il nome di Scaramuzza. Il codice citato è uno dei maggiori tesori della Biblioteca Palatina, capolavoro già appartenente ai Danti del Cento, è riconosciuto come una delle più antiche trascrizioni della Commedia dantesca (risale ai primi del ’300), dotato di uno straordinario apparato decorativo. Il volume è stato recentemente oggetto di una campagna di restauro e della completa digitalizzazione finanziato dal Lions Club di Parma. Intorno, e accanto, Giuseppa Zanichelli ha ideato un percorso che svela al pubblico l’importantissimo patrimonio di opere dantesche, manoscritte e a stampa, posseduto dalla Biblioteca Palatina. Tesori bibliografici (e artistici) acquisiti nei secoli dai Farnese, dai Borbone e, infine, da Maria Luigia d’Austria per arricchire la loro Biblioteca.

La seconda citazione proposta nel sottotitolo menziona “Scaramuzza”. È riferita all’artista parmense Francesco Scaramuzza, che eseguì i dipinti murali con tecnica ad encausto a freddo tra il 1841 e il 1857, al fine di impreziosire con la sua opera la Sala Dante della Biblioteca Palatina, che conserva la magnifica raccolta di manoscritti, incunaboli ed edizioni rare dantesche, passione e vanto della ducea di Maria Luigia d’Asburgo. Questo prestigioso incarico diede spunto al pittore per una ulteriore impresa: illustrare l’intera Divina Commedia e già nell’anno del centenario, il 1865, a Firenze vennero esposte le sue tavole riguardanti l’Inferno.

Nel 1876 Scaramuzza termina l’avvenutura titanica di illustrare l’intera Commedia, in tutto 243 cartoni a penna, che sono l’oggetto dell’esposizione a lui riservata alle Scuderie Ducali. Lo studio di queste affascinanti opere ha consentito a Simone Verde di rileggere, in catalogo, l’opera di Scaramuzza alla luce della riscoperta (o scoperta) della Commedia dantesca che, dopo secoli di sostanziale oblio, ebbe inizio nel secondo Settecento e nell’Ottocento, dapprima in Inghilterra per contagiare in successione la Francia e la Germania e influenzare infine anche l’Italia e lo stesso Scaramuzza.

Un splendor mi squarciò ’l velo offre, quindi, al visitatore la prima organica esposizione di codici danteschi che di norma sono aperti alla sola ammirazione degli studiosi e la scoperta dell’intero corpus - straordinario - di disegni danteschi dello Scaramuzza. Il tutto nel contesto delle restaurate Scuderie Ducali, nuovo spazio espositivo della Pilotta. 

Magnifiche e monumentali, le Scuderie sono collocate al piano terra dell’ala nord del Palazzo. “Rappresentano – afferma il Direttore Verde – un contesto di altissimo pregio architettonico e spaziale, datato alla fine del Cinquecento, che si estende per una superficie complessiva di circa 1.500 mq ed è contraddistinto da una distribuzione volumetrica a manica posta parallelamente al cortile del Guazzatoio. Altezze e maestosità dei solai voltati sono le caratteristiche di grande rilevanza che definiscono il luogo; inoltre, all’interno sono ancora perfettamente conservate sul perimetro le 90 mangiatoie antiche per i cavalli in pregevole materiale.

Una occasione davvero da non perdere, ulteriore anteprima della Nuova, e sempre più grande, Pilotta.

 

 

ORARI DI APERTURA:

20 novembre 2021- 13 febbraio 2022

Dal martedì alla domenica dalle 10:30 alle 18:30 (chiusura della biglietteria alle ore 17.45)

Lunedì chiusura settimanale

Accesso alla mostra da via Bodoni;

Biglietto intero: 10 €

Biglietto ridotto gruppi: 8 €

Ridotto dai 18 ai 25 anni € 2,00;

Gratuito per i minori di 18 anni

 

Biglietto solo mostra con accesso alle Scuderie, (con validità estesa per 3 mesi, con possibilità di soli 2 ingressi): 8 €

Biglietto integrato Complesso monumentale della Pilotta e mostra con validità 1 solo giorno: 15 €

Biglietto integrato ridotto gruppi € 13,00 (massimo 25 persone con guida abilitata esterna).

sabato 13 novembre 2021

NELLE OMBROSE STANZE DEL VATE - INVITO AL VITTORIALE di Rita Guidi

 



Curioso di quanto buio avesse bisogno chi, come lui, amava la luce.

Gabriele D’Annunzio si abbandona alla penombra fin dall’ingresso di questo suo Vittoriale. Residenza ultima dell’ormai quasi sessantenne poeta, dal 28 gennaio 1921, fino alla morte, avvenuta proprio qui il 1° marzo 1938.

Fuori Gardone Riviera, e il riverbero dolce del lago, dentro lui, e la scelta di un buio palcoscenico, come a sedare i troppi riflettori di una vita, prima ancora che la dolorosa ferita di guerra agli occhi. Perché è lui a volerla così : e così ristruttura, col fidato architetto Gian Carlo Maroni, quella Villa Cargnacco, (precedentemente occupata dal critico d’arte tedesco Henry Thode) che acquista insieme ai circa nove ettari circostanti.

Una delle sue tante volontà realizzate, che chiamerà "Il Vittoriale degli Italiani” : un dono (l’atto di donazione è immediato, porta la data del 1923) per ricordarsi, ricordare, essere ricordato. 

“Io ho quel che ho donato” si legge all’ingresso di questo immaginifico luogo, in una delle tante epigrafi che punteggiano di parole (poteva non essere così ?) la sua presenza. 

“Tutto è qui da me creato o trasfigurato” insiste e scrive lui stesso. Uno stile da passeggiare, fuori, al suono dell’acqua verde della grande “fontana del delfino”, o a quello incessante del Riosavio e del Riopazzo, lungo i giardini privati. Ancora acqua, ferma, di lago, come cornice al teatro all’aperto ; o come ricordo : alla prua incastonata nel colle della nave Puglia, o alla prora del M.A.S. ; testimoni svelate di beffe e di imprese del giovane D’Annunzio.

L’esteta luminoso e illuminato dalla fluorescenza delle proprie parole, vive qui. Al buio. Sollievo alle cicatrici dello sguardo, omaggio all’inquietudine, ultima sfida alla propria creatività. Un buio cui non servono le foto, traditrici nella loro necessità di chiaro. 

Nella Prioria (così chiamava il suo mondo schermato) occorre entrarci. Respirarne i legni cupi, i tappeti, i mille oggetti, gli arazzi, che chiudono fuori il mondo. Più che prigione, clausura, più che rifugio cripta : non è un caso che arredo e immagini, citazioni e libri, rinviino a monasteri francescani o d’Oriente, e a Dante. Inferno, purgatorio e paradiso convivono nelle stanze, si alternano tra le stanze di questa casa. 

Per questo, a volte (sempre, nel compleanno dei suoi ricordi) D’Annunzio si ritirava nella “stanza del lebbroso” : un letto a una piazza, un grande rosario e, come sempre, finestre cieche di vetrate cifrate di salmi, per il suo bisogno di essere triste, solo, indisturbato ; come chi (lui, i lebbrosi...) è toccato da Dio. 

Altra concentrazione, e bisogno di purezza, che ritroviamo nella stanza del giglio, dal decoro dipinto fino alla nicchia tra i libri, pronta a raccogliere il suo studio e la sua meditata lettura. Frequente, quanto meno : i libri, qui sono a migliaia ; stipano pareti e corridoi. Sontuosi e d’arte, nell’elegante Stanza del Mappamondo ; un poco rannicchiati nella Zambracca, la sua stanza più frequentata e preferita, su una parete il guardaroba, più in là i medicinali, e un tavolo quadrato sul quale consumare un frugale pasto.

 Ancora libri : accatastati nei corridoi ; agili nelle librerie girevoli della splendida Veranda dell’Apollino ; austeri nello Scrittoio del Monco, dove corrispondeva fino alla stanchezza (e al fingersi, appunto monco) alle mille lettere ; incombenti, nella Stanza del Mascheraio, destinata a far attendere ospiti sgraditi ; solari (finalmente, sì !), nell’Officina, dove il poeta scriveva, tra legni più chiari e finestre esistenti. 

Per entrarvi occorre abbassare il capo (all’arte), ma colpisce di più il capo velato di Eleonora Duse, che D’Annunzio voleva alle spalle, e per la quale resta l’ultima dedica, accanto agli occhiali, sul foglio. Presenza che aleggia anche altrove, nella casa ; fosse anche solo nell’eco degli oggetti uguali a quelli che lei gli aveva donato (un gruppo bronzeo di Kelety), addensati, come in ogni altrove, nella Stanza della Leda, la camera da letto densa di cineserie e vasi del poeta. I cuscini sono tanti e morbidi, come nomi femminili. Tanti quanti sono gli oggetti che materializzano ogni ricordo, nella stanza delle reliquie. Molti sono disposti su di un vero altare ; così come un vero coro monastico, in legno, arreda l’oratorio del Dalmata, sala d’attesa, questa volta, per gli intimi. Attesa festosa, chissà ?, per quella Sala della Cheli, destinata al pranzo, che per una volta è l’omaggio e il trionfo del colore :rosso, oro, azzurro (come tutto blu, invece, è il bagno) ; una libera scelta dell’architetto, per questa ala nuova, lo Schifamondo, della residenza.

 Eppure, anche qui, un ammonimento : la tartaruga imbalsamata, da cui la stanza prende nome, morta di indigestione in questo grande giardino, adorna il grande tavolo. Di nuovo un cenno di penombra, all’allegria conviviale di chi preferiva il motto “cinque le dita, cinque le peccata” : libera riduzione, sottraendo avarizia e lussuria, ai sette vizi capitali.

E di chi adorava la musica : sarà forse per questo che proprio questa Stanza (della Musica) ci è sembrata la più suggestiva. Il piacere dei cuscini e degli arazzi, i mille oggetti d’arte, i tappeti, le colonne...Per affogare nei suoni ad occhi chiusi. O aperti : il cenno breve di poche lampade, garantisce (di nuovo) il buio, anche a chi, come D’Annunzio, aveva amato la luce.

Improvvisa è la voglia di uscire. Piazzetta Dalmata e il Vittoriale riaffiorano luminosi. Il mausoleo, dov’è la salma di D’Annunzio, è bianco. Alla sommità del colle è ordinato e rotondo. E nel clima dolce del lago, ha quasi sempre il sole.

 

                                          Rita Guidi

martedì 9 novembre 2021

KAISERSLAUTERN - VIAGGIO NELLA CITTA' DI BARBAROSSA di Rita Guidi

 



La sua storia è racchiusa, intera, in una fontana. Ma non per questo è breve. Anzi : Kaiserslautern origina da tempi lontani quanto e più di una leggenda. Quella che condusse alla tavola del Principe Elettore Filippo, ad Heidelberg nel 1497, un enorme pesce (si dice di oltre sei metri...) che conservava a mo’ di collare una sorprendente dicitura : “Tra tutti i pesci di questo lago di Kaiserslautern - vi si leggeva - io sono stato il primo ad esservi gettato, direttamente dalle mani dell’Imperatore Federico II, il 5 ottobre dell’anno di grazia 1230.”

E’ per questo che ancora oggi, il simbolo di questa splendida cittadina del Palatinato, è un grosso pesce azzurro in campo bianco ; scelta intatta dal momento in cui fu decisa, dopo la guerra dei Trent’anni.

E la fontana ? la fontana è nuova : realizzata nel 1987 da Gernot Rumpf, e posta al culmine del corso principale, presso la “Mainzer Tor”, la porta alta della città. Un’idea da non perdere, in bronzo e acqua, che racconta in chiave buffa, del pesce, dei secoli e dell’oggi di questo luogo.

Il cappello di Napoleone qua, il simbolo dell’Università là, due figure in costume rinascimentale su cui...infilare la testa per la foto di rito, una macchina da cucire (ebbene sì) Pfaff, e un blocco-motore della Opel...Un mix impossibile eppure gradevolissimo, insomma, dominato al centro dal trono e dalla figura di Barbarossa. Altro simbolo di questa che comunemente è definita proprio così, la città di Barbarossa.

Non che del celeberrimo Federico resti granché...Però quella traccia di castello attorno cui si raccoglie il cuore “politico” di Kaiserslautern, è ancora “sentita” e viva.  Poche sale di pietra, sono le rovine abitate di quel leggendario e si dice splendido palazzo imperiale, voluto nel 1152 ; oltre ai sotterranei : la prigione, la ghiacciaia, e il labirinto di cunicoli dalle pareti rosse come la barba del loro antico proprietario, che se approfittate della gentilezza dell’odierno Borgomastro, vi sarà dato di visitare. Una delle uscite, vi riporta all’attuale Rathaus, la City Hall, e cioè gli ottantaquattro metri di grattacielo “amministrativo”, in un’altra piazza non lontana ; per condire  di nuovo con una spruzzata di attuale questa città tradizionalmente moderna e storica.

Situata, come detto, nel cuore del Palatinato, regione tedesca a sua volta cuore dell’Europa, Kaiserslautern ha creato da subito, sull’onda della strategica posizione, una rete vivacissima di scambi ; epicentro produttivo anche, però, di quella industria meccanica (ricordate la fontana ?) che oggi si spinge fino alla tecnologia più d’avanguardia.

Non è a quella, comunque, che guardano i turisti che circolano in questi dintorni ; attratti semmai dal verde tenero (o tutt’al più, dal desiderio di una qualche porcellana del locale “distaccamento” della Richard-Ginori) di questa dolce Germania. Una foresta tutt’altro che nera, e che si tinge d’oro in autunno (stagione tra le più godibili da queste parti), si apre a passeggiate per amanti della moountain-bike, e invita al sorriso i gentilissimi abitanti della città di Barbarossa.

Perché lo Pfalz (così questa regione) è vociante e allegro. Fatto di negozi che invadono la strada di colori e bancarelle, come in Marktstrasse, la via che dovrà preferire chi ama lo shopping. Un lungo viale lastricato di negozi, che vi consigliamo di punteggiare sbocconcellando il “bretzel”, la tonda ciambella salata che è tipica di qui, quanto la più impegnativa “zwiebelkuchen”, una torta di cipolle da gustare calda in una delle belle pasticcerie del centro. Caffè, birrerie e ristorantini tutti legno e candele, del resto, davvero non mancano. I più gettonati sono in “Martinsplatz” o ad un passo da lì, dove attorno ai tavolini si raccolgono abitanti e visitatori. In Steinstrasse, infatti, che dalla piazzetta risale il centro, trovate un altro riassunto di Kaiserslautern : la monumentale chiesa di St.Martin, dalla solennità medievale e già monastero francescano ; il “Theodor Zink museum”, dalla più che caratteristica facciata bianca, ricamata di legno e di fiori, che raccoglie stanza dopo stanza, le tracce del proprio passato biedermeier, o di quello napoleonico. In cortile le carrozze antiche, di fronte l’antica stazione di posta...Cosa manca ? La birra ? Certo che no. La elargiscono ovunque, freschissima e abbondante (vita dura se preferite l’acqua minerale, servita, carissima e poca, in bottigliette da 25 centilitri...) a dissetare piatti saporiti di patate e salsicce.

Ma anche i tradizionalisti possono stare tranquilli : l’osteria più antica di qui è gestita da italiani, e il menu prevede anche l’italianissima pizza Celentano...

Rara traccia esotica in un’atmosfera  caratteristica quanto il nome : Kaiserslautern (la lanterna del Kaiser), mantiene davvero intatto, con attenzione e ironia, l’equilibrio tra gesti antichi e necessità moderne. Esattamente come quella fontana, in alto, alle porte del centro antico, che, tutta, la racconta.

 

                                     Rita Guidi

sabato 30 ottobre 2021

URBINO, LA CITTA' IDEALE di Rita Guidi

 



Quel profilo inconfondibile. Di una bellezza inconsueta. Di una eleganza precisa.

 Il Palazzo Ducale di Urbino è fatto così.  Ritratto di pietra di quel Federico da Montefeltro altrettanto celebre nella potenza e nel volto.

 Giovane signore della città (ha ventidue anni quando, nel 1444, ne ottiene il pieno potere), Federico ha infatti da subito la tempra e la saggezza di un vero uomo del Rinascimento.  E proprio per questo, per donare un volto alla propria età e alle proprie idee, vuole reinventarsi una  dimora, farne un emblema, uno specchio, un suo luogo.

 Il progetto? Inizia praticamente da subito, con Maso di Bartolomeo. Ma a tradurre i voleri del Duca, a dar vita ai suoi sogni, che sono tanti, e dunque a fare “una città in forma di Palazzo”, sarà l’architetto dalmata Luciano Laurana, conosciuto nel 1465 e insignito nemmeno tre anni dopo del titolo di “ingegnero et Capo di tutti li maestri”. E dopo di lui Francesco di Giorgio Martini, i tocchi più lievi per un’opera quasi ultimata.

 Aderente ai movimenti naturali del colle, cucito in perfetta continuità con il circostante tessuto urbano, ecco che allora il Palazzo racconta una storia di potere senza superbia, di cultura senza confini, di bellezza senza riserve. Solido eppure snello, non chiuso in difesa ma aperto al confronto, la dimora è semmai cenacolo e non più castello. Modello di (una) civiltà mai più raggiunto, nemmeno nel coevo Cinquecento.

 Di qua la scioltezza di una facciata, la sua eleganza informale, di là l’ammiccamento più celebre e inconfondibile dei Torricini, con i quali anche solo l’ingresso è il profilo ideale di un tempo, simbolica e piena indicazione di un microcosmo pulsante. Dissapore medievale, ricetta appena pagana.

 E dentro? Datevi almeno tre ore per scoprire come il Duca viveva lì. Quale cornice di raffinatezza abbia saputo offrire ai suoi ospiti fin dal loggiato aperto del Cortile d’Onore. E poi nelle sale più sopra, al piano nobile, dove erano anche gli appartamenti della  famiglia. Sale ancora segnate dagli stemmi, dai fregi dorati, dai camini (quasi assenti naturalmente i mobili), dove si svolgevano le cerimonie, i ricevimenti, i banchetti, i balli… 

Rumori di vita che non erano quasi mai frastuono. Ma dai quali, spesso, il Duca si ritirava a gustare il suo silenzio tra le stanze più segrete del palazzo. O ancor più nel suo celebre "Studiolo": alle pareti libri, strumenti musicali, macchine astronomiche fissate con effetto trompe l’oeil negli intarsi del legno, e poi ritratti di famosi poeti, filosofi e matematici, la saggezza assordata si può udire di nuovo. 

Sorpresa di bellezza che non è certo l’unica in questa immensa dimora che dopo gli ultimi restauri si può (e si deve) visitare tutta. Il nostro consiglio è infatti di non dimenticare nemmeno i sotterranei, le cucine o le stalle, che pure hanno (sobrie) parole per uno straordinario racconto. Perché sono quasi una sorpresa tecnologica, gli impianti del palazzo (le cisterne, la neviera, i bagni con acqua calda e fredda, le lavanderie, i magazzini) che rendevano la vita già diversa.  Se non ideale, vicina al profilo di un Duca che del Rinascimento è stato un autentico re.

 

LA GALLERIA NAZIONALE

  Quel profilo inconfondibile. Ideale come quel brano di città che rappresenta, e che ci appare anche oggi così straordinariamente moderno. E’ “La città ideale” (1480?), appunto, attribuita a Luciano Laurana, e che proprio qui, in quella Galleria Nazionale delle Marche che ha sede a Palazzo Ducale, potete da vicino ammirare. Capolavoro tutt’altro che unico tra i tanti che fanno di questa permanente una delle realtà più preziose d’Italia. Istituita nel 1912, la Galleria è un invito all’arte che attraversa i momenti più suggestivi del Palazzo: lo "Studiolo del Duca", la "Cappellina del Perdono" , il Tempietto delle Muse"…

 Piero abita qui, con Raffaello, Paolo Uccello e il nostro Laurana. 

Ed è giusto arrivare da lontano per venire a trovare il quattrocentesco miracolo de "La      profanazione dell'Ostia" di Paolo Uccello, "La     Flagellazione" e la "Madonna di Senigallia" di Piero della     Francesca (1415/20-1492), o la cosiddetta “Muta” di     Raffaello. Quel “Ritratto di gentildonna” che offre di nuovo bellezza ideale. Come la Città. Come questo Palazzo.                                                                                                                                                             

                                                                                                          Rita Guidi 

 


 

domenica 17 ottobre 2021

IL 'PIACERE ELETTRICO' DEL JAZZ ALLA GALLERIA MAZZOCCHI DI PARMA di Stefania Zanardi

 



Nel quadro dell’iniziativa “ Jazz Frontiere Parma”, organizzata da Roberto Bonati e giunta alla XXVI edizione, con appuntamenti dal 26 settembre al 16 novembre,lo scorso venerdì 14 ottobre, la Galleria Mazzocchi ha ospitato l’evento “ Electric Pleasure” concetto di elettricità nella musica del ‘900, relatore Luca Perciballi.

Chitarrista, compositore, progettista del suono,componente del gruppo musicale Organic Gesture trio, Perciballi segue la sua grande passione per l’improvvisazione che lo spinge a scoprire nuove sonorità e tecniche musicali.

L’artista apre l’incontro in maniera semplice ed accattivante, con profilo basso e grande empatia, introduce il pubblico alla tematica “Ecologia del suono”, affrontando il discorso “soglia del rumore “ che negli ultimi 100 anni è entrato in modo massiccio a livello sociale.

1870, data fatidica, l’elettricità diventa fonte energetica di massa e, contemporaneamente nasce un diverso modo nel fruire della musica.

Perciballi, sinteticamente ma in maniera chiarissima, snocciola una carrellata di eventi, situazioni, scoperte che hanno stravolto il mondo musicale: arrivo del fonografo, della radio, musica registrata in contrapposizione a quella dal vivo.

In sala, il pubblico assapora il brano classico noto a tutti (la V di Beethoven ), confrontandola con una versione differente – non dal vivo ma registrata- guidato dalle informazioni di Perciballi.

Ma cosa hanno a che fare ecologia e suono? Considerando il periodo storico in cui l’acustico si sta muovendo, emerge quanto la soglia del Rumore si stia innalzando (soprattutto nelle grandi metropoli ) entrando di prepotenza nella quotidianità. Già da inizio ‘900 nascono nuovi strumenti, nuove applicazioni che rivoluzionano il fare musica e il suo ascolto. Perciballi si sofferma su uno strumento particolare , il Teremin, in gran voga in quel periodo,ma incapace di attecchire in quanto uno strumento senza punti di riferimento né tecnica.

L’incontro prosegue allietato da ascolti di brani quali un sestetto,  rimandandoci agli anni ‘30, proponendo un pezzo musicale che ricordano il suono di organo o clarinetto.

Nasce , in quegli anni, il tentativo di accattivare il pubblico all’ascolto, sebbene ancora ci troviamo ad un livello tecnologico alquanto basso.

A questo punto entra il gioco il simbolo musicale per eccellenza: il Pianoforte, unico strumento sopravvissuto all’elettricità!

Parlando di questa eccezione, il relatore,sottolinea quanto l’Industria degli spartiti equivalga a quella discografica degli anni ‘60. E ci meraviglia (per chi non possiede una profonda cultura musicale) sapere che la mappa della Sony odierna è la stessa del rullo del pianoforte!

Compare infatti, nel corso del ‘900, il pianoforte meccanico il cui suono ci ricorda il Carillon, ancora oggi riprodotto.

Ma il discorso torna al tema “ecologia e rumore”; le avanguardie storiche del periodo (quali il Futurismo) hanno sempre esaltato la Velocità, il Rumore, l’Azione al punto che Luigi Russolo, compositore, pittore ed inventore italiano appartenente alla corrente Futurista inventa – nei primi anni ‘20- gli Intona Rumori.

La domanda a questo punto è, la Tecnologia serve la società o viceversa? E come non pensare al grande Charlie Chaplin nel film “Tempi Moderni” o “Luci della città”?-

Ma non esiste solo la musica per gli “Happy few”, per i pochi addetti; parallelamente procede anche la musica popolare,grazie all’invenzione del Disco con il quale essa assume maggior valore.

Spartiacque di questo processo, la 2a Guerra Mondiale: da questo momento la velocità accelera, si alza il volume,la tecnologia fa passi da gigante e, dal ‘45, la musica beneficia di studi tecnologici.

Luca Perciballi racconta del Blues elettrico (soprattutto nelle grandi metropoli americane come Chicago) e modifica gli strumenti, in particolare la chitarra. E qui il musicista Perciballi gioca in casa ;essendo lui chitarrista elettrico spiega l’importanza del suono amplificato, l’acustica che ne esce facendo riferimento a Jimy Hendrix che eleva al massimo questo strumento con l’aiuto di magneti.

E, da questo momento in poi, la chitarra acustica raggiunge livelli di volume mai ascoltati prima, di cui si nutre Luca Perciballi nelle sue composizioni e creazioni sonore legate al mondo del jazz ma pure alla realtà di Film , teatro e danza.