domenica 25 settembre 2016

NEL SOGNO DI ORLANDO di Rita Guidi, foto di Niccolo' Zanichelli


Non troverete il clangore delle spade, 
o la devastante follia di un perduto oggetto d’amore. No. 
Qui vivrete quello che c’è prima: il desiderio e l’eroismo, l’orizzonte di bellezza del quale si nutrono la fantasia e i sogni. 
Ecco l’Orlando Furioso, ma dalla parte dell’inchiostro, nei colori di chi l’ha creato, camminando sulla spalle di giganti. Magnificenza ed estasi di un’arte votata alla perfezione.
A 500 anni dalla prima edizione del più celebre poema di Ludovico Ariosto, Ferrara celebra il mondo dell’autore con una mostra di rara suggestione e ricchezza. In quel Palazzo dei Diamanti, che vale già da solo la visita alla città, va in scena lo splendore senza pari del Rinascimento. 
L’omaggio a un mondo immaginifico e perduto. “Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi” è del resto il titolo dell’evento –  fino all’8 gennaio 2017 , curato da Guido Beltramini e Adolfo Tura – destinato a lasciare un segno nei visitatori. 
Innanzitutto per la quantità dei capolavori celeberrimi, qui riuniti ed esposti come nella più golosa della occasioni: c’è il ritratto di Inghirami di Raffaello e la Venere pudica del Botticelli, San Giorgio e il drago di Paolo Uccello e la Leda di Michelangelo, una matita rossa di Leonardo (unica scena di battaglia ritratta dal genio) e la bellezza altera e fascinosa del Gattamelata di Giorgione, il guerriero dolce, paradigma intonso di paladino per il  Rinascimento.
Potrebbe bastare? Certo, ma davvero non basta, perché ci sono i manoscritti (dello stesso Ariosto, di Machiavelli..), ed un gioco prezioso di incunaboli e opere utili a raccontare i piaceri di una corte pronta al divertimento e all’ascolto, alla divinazione e al teatro.
E ancora (ancora) gli oggetti preziosi. 
Elmi e corazze, spade e finimenti: sullo sfondo di un allestimento che assegna ad eleganti infografiche lungo la penombra delle pareti un ulteriore racconto.  Bianco su grigio. Luce su ombra. Fantasia su realtà. Le parole intagliate nel cielo della storia. Come il “corno d’Orlando” : sciabolata di luce d’avorio ad aprire queste stanze. Si racconta sia questo l’olifante che Orlando fece risuonare tra i Pirenei al tempo di Roncisvalle. Un suono che culmina nell’arazzo – una immensa scena della celebre battaglia - pochi passi più in là.
Ma è qualcosa che viene dopo. Qui, ancora, c’è il meraviglioso silenzio del sogno. Eroismo e bellezza. Desiderio realizzato e perduto di un mondo votato alla perfezione e alla bellezza.




giovedì 15 settembre 2016

COMPIANO: COSI' VICINO, COSI' LONTANO testo e foto di Stefania Zanardi


Sembra non arrivare mai: superata Borgotaro , 
tra salite, curve, svolte e rampe, la meta scelta un po’ all’ultimo momento, guidata dal cuore e dalla curiosità, è realmente sul cucuzzolo della montagna…
Compiano, un Comune che conta poco più di mille abitanti ed inserito dei Borghi più belli d’Italia, si apre al turista con grazia e discrezione- sia se vi si accede dal “portone “  posto più in basso che da quello alto, a pochi metri dal parcheggio e dal cimitero. Prima ancora di iniziare il percorso per entrare tra le mura del villaggio, un cartello mette in guardia sul divieto alle auto e mezzi a motore, in modo , oserei dire , lapidario.
Cito “ il paese è piccolo, l’auto inquina, se vuoi visitarlo scendi cammina.”
Si può solo confermare: posto a 510 metri sul livello del mare, circondato da mura , costruito su e giù per viuzze, vicoli, saliscendi, anfratti che mozzano il fiato, muri tappezzati di fiori, case, qualche  Bed and breakfast …fino al culmine ultimo del Castello. La presenza anche solo di un semplice Ciao, rappresenterebbe uno sfregio…
Il castello, o altrimenti Rocca, oltre ad offrire un percorso guidato al turista è oggi anche un Hotel relais da fare invidia per ubicazione, panorama e ricchezza storica ai vari castelli sparsi qua e là nel nostro paese.
Già nell’XI secolo  il Borgo è fortificato e la Rocca lega tra loro le varie vicende del paese; in quel periodo sono i Malaspina i proprietari  mentre, dal XII secolo entra in gioco il Comune di Piacenza che viene però spodestato – nel XIII secolo- dal casato di Umbertino Landi che lo gestirà per ben 425 anni fregiandosi del record del casato più longevo di tutt’Italia. Purtroppo dal XVIII secolo, col dominio dei Farnese e poco dopo con la Duchessa Maria Luigia, il Castello inizierà un lento declino che lo trasformerà in prigione di stato (moti del 1821). Sarà solo il 25 giugno 1944 che diverrà capitale del territorio libero della Valtaro.
Camminando attraverso il borgo, l’aria rarefatta, rende più impegnativo il percorso che- per quanto breve- richiede gambe allenate che trovano ristoro sul terrazzo del castello dove ad attenderci c’è una panchina ma, soprattutto, una vallata che apre il cuore, tra colori, luce tersa e limpida e boschi.

La strada per il ritorno è leggera per le gambe ma malinconica per la mente  in quanto lasciare questo angolo di pace, arte, storia e natura mette un po’ di amaro in bocca. Respiriamo l’ultima boccata di aria pura e… si sale in auto. Bye, bye …

venerdì 9 settembre 2016

Il BOOM E' POP - di Rita Guidi


E’ il più colorato dei mondi in bianco e nero.

L’Italia del boom è allegramente pop, odora di fòrmica, viaggia in Cinquecento...
E per riviverne quell’essenza che solo l’arte sa cogliere e rappresentare (fosse solo nello spazio di un quadro), ecco l’occasione da non perdere, il viaggio nel tempo al quale non rinunciare.
Dal 10 settembre all’11 dicembre 2016 la Fondazione Magnani Rocca ospita ITALIA POP. L’ARTE NEGLI ANNI DEL BOOM.

Visualizzazione di 20160909_163330.jpg Una raccolta di settanta opere per raccontare la via italiana alla pop-art: un percorso sofisticato, dall’inconfondibile brio nostrano, giusto per sottrarre quanto basta i riflettori dal consueto ‘sogno americano’.

In bianco e nero o meravigliosamente fluo, le opere vibrano nei saloni impero della Fondazione in un piacevole sussulto.
C’è il rosso ‘No’ di Schifano e il collage di brand celeberrimi di Fomez o “la Gioconda” di Mimmo Rotella…Struzzi, giraffe e alberi di Gino Marotta (alieni del passato tra le cornici barocche…)…Qualcosa che affascina, qualcosa che turba. Un senso ingenuità e di allegria… Un’arte di confine (un ’68 da attraversare), qualcosa che sa di speranza fino alla sconfitta di nuove disillusioni.
L’Italia in Cinquecento.

Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Walter Guadagnini e Stefano Roffi, saggi in catalogo di Antonio Carnevale, Mauro Carrera, Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone, Stefano Roffi, Alberto Zanchetta