Vincere l'abitudine è scoprire meraviglie. Vicinissime. Ce lo insegna Stefania Zanardi con questo reportage utile a un primo sguardo dopo il lockdown.

Cosa hanno a che fare queste
ubicazioni, realtà, quale filo conduttore le lega tra loro? Un nome, un luogo
presto detto; Villaggio Crespi d’Adda, villaggio a se stante, che ci invita a
vivere a ritroso la sua storia, recuperandone le origini e quelle della sua
gente durante un periodo storico (quello della Rivoluzione Industriale) ricco
di fermenti, mutamenti e sconvolgimenti che tuttavia, in questo luogo, ha
creato armonia tra uomo ed industria, lavoro e casa.
Giunti a Crespi d’Adda, ci si
accorge subito di trovarsi in un’ubicazione particolare: veniamo accolti da
casette ordinate, allineate, circondate da basse recinzioni, orti coltivati,
giardini ben curati, altissime ciminiere che ci accompagnano nel percorso per
condurci al Castello (ultima dimora della famiglia Crespi), al Cimitero
monumentale, alla Chiesa o alla Fabbrica (opificio) che nel 2003 ha chiuso i battenti.
Ma il visitatore o turista,
in parte affascinato, in parte spaesato, necessita di una buona guida per
apprezzare e vivere appieno tutto ciò che lo circonda.

Ed il riconoscimento arriverà
-ma solo nel 1995- quando Crespi d’Adda viene inserito nel patrimonio mondiale
protetto dell’Unesco.
Racchiuso tra i fiumi Adda e
Brembo, Crespi d’Adda sembra cullarsi e accoccolarsi tra fabbrica e villaggio,
natura e società industriale sin dall’inaugurazione del Cotonificio od
Opificio, il 25 luglio 1787 ad opera di Cristoforo Benigno Crespi. Ripercorrere
tutta la storia può essere alquanto prolisso e, talvolta intricato, molto meno
raccontarne la visita ( o gita dir si voglia) che si snoda – un po’ come il
filo d’Arianna ,che non termina pero’ col Minotauro- tra passeggiate, racconti documentati ,
curiosità e tanto altro…
Arrivati al parcheggio,scesi
dal pullman, bisogno di rifocillarsi? Tranquilli, il posto c’è ma non così
accessibile come nelle nostre città: ci aspettano un centinaio di gradini che
scoraggiano alcuni ma non li fermano, vogliosi di “azzannare” un panino,
trancio di pizza o toast magari accompagnati da altre leccornie. La discesa
della scalinata è più “ easy” e ci riunisce al punto informazione ove ci
immergeremo (grazie ad un ampio schermo) nella storia del villaggio,
dell’opificio dei suoi primi abitanti.

Certo, le difficoltà non
mancano: turni di lavoro massacranti, aria respirata nell’opificio ottima per
la lavorazione del cotone, pessima e distruttiva per i dipendenti; ma i Crespi,
consapevoli di tutto ciò, mettono in campo ogni azione ed aiuto per andare
incontro ai loro dipendenti ed abitanti.
E poi, ovunque in Europa, il
progresso procede e, dagli arcolai (spesso ad uso domestico) è necessario
passare ai macchinari, più veloci e produttivi – senza dubbio meno umani e
“romantici”-. E a chi non torna alla mente la fiaba de “La bella addormentata
nel bosco” che si punge proprio usando -maldestramente- uno di quei vetusti
attrezzi?
Ma procediamo con la visita;
il silenzio aleggia ovunque (solo inframmezzato talvolta da qualche auto ad
alta velocità come emulazione -stupida- dei cittadini metropolitani) tra
edifici abitativi, Centro dopo lavoro,Chiesa, dimotre del Parroco e del Medico,
lavatoi, docce e piscine, villette costruite per gli impiegati del tempo, ville
più sontuose ad appannaggio dei dirigenti …
Agli estremi del villaggio
campeggiano i due simboli della famiglia Crespi : il Castello in posizione
strategica (che ci riporta alla mente quello dell’Innominato nei Promessi
Sposi), simile ad un’imponente dimora medioevale ed il Cimitero Monumentale
posizionato proprio al termine della via principale, mausoleo dei Crespi che
accoglie pure le tombe di tutti gli abitanti del luogo. Curiosi di sapere cosa
dice la scritta dinnanzi al cimitero ? “ La morte e la vita si combatterono in
un mirabile duello; la morte è stata sconfitta”.
Da inizio vita a fine vita,
questa questa famiglia volitiva e innovativa è stata una sorta di Grande
Fratello (o Big Brother Orwelliano) convincendo i suoi abitanti di vivere in
una sorta di “ Paese delle meraviglie”