Lo snack bar li' di
fronte ha gli stessi inutili colori della vita. Ma anche il solo grande
cancello e' umile parte del brano di spazio che racchiude. Ritmo umano, laddove
invece e' l'Universo Illogico che accomuna padri e figli, secoli e giorni. E in certi casi e' brutto chiamarli cimiteri. Per il loro raccogliere le dimore
ultime, occorrerebbe un nome che evocasse l'eterno, la vita piuttosto, il
mistero. La nostra 'Villetta' risolve un poco questo
desiderio. Diminutivo piu' vicino
alla dolcezza del sonno che al lugubre turgore della morte. Ecco, l'abbiamo detto.
Il suono che allontana la vita e la gente.
Religioso mistero e germe di poeti. Anelato riposo per Leopardi o camuffato da
notte per Novalis...'In disparte mi volgo
/ verso la sacra, l'ineffabile / la misteriosa notte...'In disparte. Come amerebbe il Foscolo, per sospendersi un
poco sulle urne dei forti. Perche' ce ne sono tante anche qui. Anche se basta gia' la piccola Spoon
River delle incisioni piu' antiche (se qui ha un senso l'antico), come gesso
dolente sulla lavagna. Sono nere e
tante, come le foto e i dagherrotipi e i fiori, nei corridoi appena interni del
porticato che misura lo spazio centrale dell''ottagono'. Una forma esatta voluta
dal Cocconcelli, prima ; quando i convittori del Collegio dei Nobili
gridavano qui accanto le loro domeniche.
Alla Villetta (ancor oggi esistente),
e non nella piu' grande villa di campagna, meta invece delle
villeggiature estive. L'inizio
Ottocento (per l'esattezza il 1817 sotto Maria Luigia ) pretese fuori dall'area
urbana le sepolture, e dunque i cimiteri.Di nuovo l'eco sgradevole di una parola,
quando e' soltanto l'immobilita' dell'aria a rendere un poco piu' astratti gli
affreschi e i bronzi. Sotto un cielo di stelle dall'azzurro quasi
intatto, e' infatti la lapide di Macedonio Melloni ('morto a Portici partenopeo l'11 agosto 1854, giorno che fece mesta
l'Europa' ), solo un paio di archi piu' in la', dopo quello dei docenti e
rettori chiarissimi dell'Universita' di Parma, tra cui Pietro Pigorini e
Alfonso Cavagnari, e la
genuflessione corrosa di Padre Lino Maupas.
Il francescano di
Spalato cui nessun giorno e' privo di fiori.Il porticato prosegue al riparo della nobilta': i conti Cantelli e i Sanvitale, e gli
Zileri, e i marchesi Malaspina.
Marmo chiaro.Cupo e verde, invece, per la cappella alla memoria di Vittorio Bottego(ovviamente perche' disperso ), se solo vi addentrate un poco nello stradello trasversale. E' invece a Nord, in galleria perimetrale, in un bel monumento, il rosso ricordo dei caduti. Nelle cappelline interne il dolore ha spesso pastelli liberty, e una misteriosa e rotonda balconata al centro, e' sospesa sul nulla : solo cenni di silenziosi lumini sotterranei. Robusto il piglio dei quattro monumenti alle pareti di questa crociera, tra cui il chirurgo e docente Comm. Giovanni Inzani. Di nuovo i conti Pallavicino o la pompa neoclassica dei
Bulloni-Serra, tornando sotto l'infinito porticato. Ma distrae la cappella
gotica e affogata nell'edera, dei Medioli, al centro del campo, passando per il
marmo sobrio di quella Ceresini.E'
poco oltre una fioritura sempre rinnovata, per Dina, Emanuela e Carlo Alberto
Dalla Chiesa, il generale con le due mogli.
Anche oggi una piastrella di ceramica raccoglie una dedica di conchiglie :'A mon general'. Un bel restauro in prospettiva invita al ritorno in corridoio
: e' l'affresco trompe l'oeil che
circonda la lapide dei monaci di San Giovanni. Poco oltre i vescovi,
Colli, Pasini, e di nuovo l'Universita', questa volta con un'anfora a ricordo
di Strobel. Parmigianita'
anche sul suolo del piccolo cimitero evangelico, accanto a quello israelitico. C'e' il burattinaio Giordano Ferrari,
il papa' di Bargnocla, come recita la dedica sulla scultura che ritrae il suo
piu' celebre personaggio. Poi
l'occhio vi riportera' al centro, verso la cosiddetta cappella dell'aviatore,
coi bei decori e le porte in bronzo massiccio del Trombara. E ancora, costeggiando il monumento a Paolo Toschi affiancato
dalla lapide del Bettoli, non vi sfuggira' il verde monumentale, il bronzo del
'tramonto' che raccoglie Cleofonte
Campanini, 'vivificatore di poemi
musicali ' morto a Chicago nel 1919.
Ma soprattutto il tempietto di Paganini, che anche qui riesce ad essere
irripetibile.
Imbalsamato, nel piccolo sarcofago adombrato da un bel gioco di
colonne, dicono che conserva davvero un che di inquietante nell'aspetto. E' il motivo per cui non lo vollero a Genova. Nei vasi i gesti frequenti dei visitatori o persino delle gite
scolastiche, come accade per Pietro Giordani. Non abbiamo detto di
Angelo Mazza o Ildebrando Pizzetti (sotto un enorme cipresso), Migliavacca,
Ulivi, Cavestro, come di Pietro Barilla (una sobria cappella ingentilita solo
da un elegante mosaico) o di Paola Borbone, nella parte nuova, pero'. Potevamo non dimenticare qualcuno ? O c'e' forse qualcuno che
si puo' dimenticare ? E' solo che la luce gia' rosa preannuncia il buio, la
notte e il lento chiudersi dei cancelli.
Questione di giorno e di tempo, dunque. Come disse Petronio: 'Ego sic semper et ubique
vixi, ut ultimam quamque lucem tamquam non redituram consumerem.' (Cosi' ho
vissuto sempre / E dappertutto :
stringendomi / Alla luce del giorno che passava / Pensando e' l'ultima non
tornera' / Non tornera' mai piu'.).