o la devastante follia di un perduto oggetto d’amore. No.
Qui
vivrete quello che c’è prima: il desiderio e l’eroismo, l’orizzonte di bellezza
del quale si nutrono la fantasia e i sogni.
Ecco l’Orlando Furioso, ma dalla
parte dell’inchiostro, nei colori di chi l’ha creato, camminando sulla spalle
di giganti. Magnificenza ed estasi di un’arte votata alla perfezione.



Innanzitutto per la
quantità dei capolavori celeberrimi, qui riuniti ed esposti come nella più
golosa della occasioni: c’è il ritratto di Inghirami di Raffaello e la Venere
pudica del Botticelli, San Giorgio e il drago di Paolo Uccello e la Leda di
Michelangelo, una matita rossa di Leonardo (unica scena di battaglia ritratta
dal genio) e la bellezza altera e fascinosa del Gattamelata di Giorgione, il
guerriero dolce, paradigma intonso di paladino per il Rinascimento.
Potrebbe bastare? Certo, ma
davvero non basta, perché ci sono i manoscritti (dello stesso Ariosto, di
Machiavelli..), ed un gioco prezioso di incunaboli e opere utili a raccontare i
piaceri di una corte pronta al divertimento e all’ascolto, alla divinazione e
al teatro.
Elmi e corazze, spade e finimenti: sullo sfondo di un
allestimento che assegna ad eleganti infografiche lungo la penombra delle
pareti un ulteriore racconto. Bianco su
grigio. Luce su ombra. Fantasia su realtà. Le parole intagliate nel cielo della
storia. Come il “corno d’Orlando” : sciabolata di luce d’avorio ad aprire
queste stanze. Si racconta sia questo l’olifante che Orlando fece risuonare tra
i Pirenei al tempo di Roncisvalle. Un suono che culmina nell’arazzo – una immensa
scena della celebre battaglia - pochi passi più in là.
Ma è qualcosa che viene
dopo. Qui, ancora, c’è il meraviglioso silenzio del sogno. Eroismo e bellezza.
Desiderio realizzato e perduto di un mondo votato alla perfezione e alla bellezza.