Una
differenza grande come gli occhi di chi guarda (niente schermi televisivi,
niente foto o articoli di giornale), ma soprattutto di chi parla (niente
schermi televisivi, foto o articoli di giornale). Carne. Viva. Uomini. (Jerreh…Salè..)
Che ti stringono la mano e raccontano, tra timidezza e allegria, ferite ancora
aperte e cenni di speranza. Sopravvissuti. Per questo possono essere qui.
Chiamati al ruolo impossibile di testimoni di se stessi, in una società
impossibile, se ha bisogno di questo.
E’ un viaggio a ritroso, quello che raccontiamo
oggi. Un viaggio verso di noi, di chi ha staccato un biglietto senza ritorno
dal proprio mondo, ma anche un viaggio verso di noi, per guardarci dentro e
sottrarci al nostro sordo galleggiare in superficie.
Ad accompagnarci è il CIAC (Centro immigrazione
asilo e cooperazione di Parma) che ha organizzato con la Rete Scuole di Parma
per la Pace un appuntamento toccante e prezioso presso il Seminario Minore di
Parma.
Un viaggio esclusivo (nella migliore accezione del
termine), un’uscita didattica alla massima potenza per oltre duecento ragazzi
delle scuole superiori, silenziosi e partecipi ad una lezione viva.
Protagonisti attenti di un messaggio che dovrebbe far parte del fare scuola
sempre, se la scuola fosse buona davvero.

“Mamma mia dammi cento lire che in America voglio
andar…” Mohamed Ba, straordinaria presenza nella straordinaria assemblea,
canticchia la canzone dei nostri migranti.
Risveglia quella memoria spezzata e
negata della quale diventa paradossale testimone. “Abbiamo gambe e non radici:
siamo fatti per andare”, spiega. “Il Venezuela è la Venezia del Sud America perché
è fatta da migranti veneti: quelli che oggi, qui, dicono no”, insiste. Poi
racconta la sua Africa, e quel patrimonio di natura, umanità e saggezza che
porta con sé. Un anziano che muore è una biblioteca che brucia, dice.
E Ba dice molto, molto altro. Ma a noi basta questo
per chiederci se non siamo noi, invece, ad aver bisogno del loro aiuto.